Dieci anni di ‘X’, l’album incompreso di Kylie Minogue




Sui siti riservati alle aste online, dal 2007 ad oggi, si è spesso palesato un disco unico nel suo genere, dal valore prossimo al centinaio di sterline: si tratta di un CD promo tracciabile, sigillato in un comunissimo involucro di plastica morbida e trasparente, con un inserto illustrativo su cui compaiono degli avvisi al destinatario e una tracklist di 13 brani, attribuita ad una certa Karen Moss e al suo album X. Fu questo l’espediente con cui la Parlophone Records pensò bene di celare la vera identità di Kylie Minogue ad eventuali ’talpe’ quando il decimo disco della diva australiana venne spedito alle radio e alle redazioni britanniche, per scopi recensionistici, due settimane prima dell’uscita sul mercato, avvenuta il 26 novembre di dieci anni fa nel Regno Unito.

Cover di ‘X’

X, un album leakato troppo presto 

Una misura preventiva, quella del promo con pseudonimo, di cui erano a conoscenza soltanto giornalisti e speaker fidati, adottata dalla casa discografica della Minogue ancora furibonda e memore del fatto che le versioni demo di alcune tracce incise per il tanto atteso LP (tre delle quali contenute nel disco) fossero trapelate sul web con un anticipo di ben 6 mesi, a causa della condotta poco professionale di qualche impiegato colpevole di aver venduto una cinquantina di brani non ultimati ad una nota fan di Kylie. Quest’ultima ne aveva poi leakati pubblicamente cinque (oltre a condividere in segreto buona parte delle restanti demo con altri collezionisti), pensando si trattasse di materiale già escluso dal futuro album, ma compiendo di fatto un grave smacco ai danni della propria beniamina musicale.

Kylie Minogue e la promiscuità sonora di 

Nel nostro paese X raggiunse piattaforme digitali e negozi di musica la mattina del 23 novembre 2007: si trattava di un LP pluriprodotto, creato e assemblato con l’aiuto di nomi altisonanti (perlomeno all’epoca) come il duo svedese Bloodshy and Avant, celebre per il lungo e fruttifero sodalizio musicale con Britney Spears, Cutfather and Jonas Jeberg dalla Danimarca, Eg White (arrangiatore dei primi successi di un’ancora esordiente Adele), il californiano Greg Kurstin, l’inglese Guy Chambers e la coppia di DJ/remixer più inseguita del periodo, quella dei Freemasons, oltre all’amico/collega Richard ’Biff’ Stannard, conosciuto nel ’99, e l’autrice Karen Poole (Red Blooded Woman, Chocolate). X lasciò in un primo momento perplessa buona parte dei seguaci della piccola principessa del pop, soprattutto per quella commistione di generi e promiscuità sonora che lo esaltavano e che ne resero la sorte commerciale incognita come il simbolo da cui era derivato il titolo. Una lettera, quella di X, che iniziò a comparire sui forum dedicati alla cantante nei primi mesi del 2007, usata dai fan come nome provvisorio per il disco, dal momento che X equivaleva a dieci nell’antica numerazione romana. L’iniziativa del fandom suonò talmente insolita da convincere Kylie e il suo team a mantenere proprio quel titolo per il nuovo opus musicale, abbandonando definitivamente l’idea originaria di chiamarlo Magnetic Electric come una delle canzoni registrate per il progetto, in seguito declassata a bonus track esclusiva per iTunes.

Kylie durante l’era di ‘X’

X, il ritorno di Kylie Minogue dopo la malattia

A pesare su X era un compito non facile: l’album segnava il ritorno sulle scene dell’intrattenitrice per eccellenza, la showgirl più dolce e minuta del panorama pop, colpita due anni prima da un tumore al seno, scoperto in tempo, che l’aveva costretta a sospendere in modo repentino la tournée intrapresa nel 2005 per la sua seconda raccolta di successi, Ultimate Kylie. Sconfitto il brutto male dopo un’intervento d’urgenza e svariate sedute di chemioterapia, per la Minogue era dunque giunto il tempo di risplendere, ma le cose con X non andarono per il verso giusto: quel leakage improvviso e precoce penalizzò la campagna promozionale prima ancora di cominciare, invalidando perfino la scelta del primo assaggio dal disco.

La scelta del primo singolo da X

Un talento ancora acerbo a quei tempi, un ragazzo scozzese di nome Adam Wiles (in arte Calvin Harris), divenuto più tardi il DJ più famoso e pagato al mondo, mosse i suoi primi passi in ambito mainstream proprio con Kylie. Una delle 6 canzoni da lui prodotte per X fu In My Arms, il primo singolo ideale, approvato sia dalla cantante che dalla Parlophone: euforico, positivo, il connubio perfetto fra electroclash ispirato agli ’80s e dance/pop solare. Tuttavia, rientrando nel novero delle demo sbucate online in anticipo di un semestre dalla release ufficiale, qualsiasi intento di presentare l’album con il brano prescelto venne a cadere.
A rimpiazzare quel singolo apripista dal valido potenziale fu un altro pezzo, altrettanto radiofonico ma inatteso e divisivo, 2 Hearts, un ibrido ottenuto incrociando il glam rock con l’elettronica minimale, secondo la formula già resa vincente in quegli anni dai Goldfrapp (le affinità con Strict Machine e Ooh La La non erano affatto casuali). Priva di lode e di infamia, 2 Hearts era prodotta dai Kish Mauve (Mima Stilwell e Jim Eliot), coppia di coniugi britannici che aveva in realtà già pubblicato la canzone nel luglio del 2005, includendola nel vinile da 12 pollici (Kish Mauve EP) grazie a cui la scena underground di Londra aveva iniziato a conoscere entrambi. La versione di Kylie era quindi una cover, per giunta nemmeno diversa dall’originale nell’arrangiamento e nel cantato.

X, le mille facce dell’elettronica

2 Hearts non era rappresentativa dell’intero disco, eppure c’era un denominatore comune che la vincolava agli altri 12 brani: la scelta di creare un album che mostrasse al pubblico le svariate combinazioni a cui la musica elettronica poteva dar luogo fondendosi con sonorità e stili di ogni tipo, compresi quelli in apparenza più distanti. Si passava così dal synth pop nostalgico e puramente ispirato agli anni ’80 di The One e Stars a quello estivo e gaio di In My Arms e Wow, opposto a sua volta a quello più notturno e sensuale di Like A Drug e Sensitized; dall’urban/electro malizioso e impertinente di Nu-Di-Ty e Heart Beat Rock a quello scandinavo e malinconico di Speakerphone, passando poi per l’R&B morbido e ipnotico di All I See, il pop psichedelico di No More Rain (palesemente influenzato dalle produzioni di William Orbit per Madonna) e persino gli accenni e le melodie soul di Cosmic.

X, la reazione della stampa

La critica non fu clemente nei riguardi del decimo album della Minogue: per gli esperti del settore, X era una sorta di torre di Babele trasposta in musica, un marasma di esercitazioni canore da intonare sulla pista da ballo, con evidente penuria di testi profondi. Peccato che, ad un ascolto più attento, qualcuno avrebbe senza dubbio compreso come No More Rain celebrasse la vita dopo il periodo buio vissuto da Kylie, che Stars fosse un messaggio di speranza collettivo e che Cosmic raccontasse del trionfo sulla malattia (’’I put these things aside for years / Until laughter took the place of tears / It’s like I was asleep, yet now I’m here, I’m here’’). Non è una coincidenza il fatto che proprio queste tre canzoni fossero entrate nella tracklist finale a fatica, dopo accesi diverbi fra la diva (intenzionata a pubblicarle) e la meno convinta casa discografica.

X, la reazione del pubblico

Malgrado il discreto posizionamento nelle classifiche (X debuttò alla #4 nel Regno Unito e alla #1 in Australia con 16 mila copie scarse), ben cinque singoli furono estratti dal progetto e accompagnati da altrettanti video, alcuni dei quali finanziati da Kylie attraverso la sua società privata Darenote e senza il sostegno della label: 2 Hearts, Wow e In My Arms, usciti in simultanea per mercati diversi, The One (in versione remixata) e All I See soltanto per Stati Uniti e Canada. Un pezzo, quest’ultimo, che la Venere tascabile di Melbourne riuscì peraltro a strappare dalle mani di non poche colleghe d’oltreoceano, se si pensa che Jennifer Lopez, Gia Farrell, Cassie, Nicole Scherzinger e perfino Janet Jackson avevano posato l’orecchio sulla canzone molto prima di lei.
Come gran parte degli album screditati dalle vendite modeste e dal conseguente flop, anche X ha pian piano scaldato e trovato ampio spazio nel cuore dei Lovers, restando tutt’oggi il disco a cui il fanbase è più affezionato, nonostante le parecchie ingiustizie subìte tanto per il leakage prematuro di alcune tracce, quanto per la tiepida (se non fredda) accoglienza da parte del pubblico medio che attendeva dalla popstar un lavoro più coeso e più personale sul piano dei contenuti.

X, la posizione di Kylie Minogue

A distanza di qualche mese dal lancio, Kylie in persona non esitò a replicare contro chi aveva giudicato l’album troppo poco intimistico: attraverso le pagine del celebre quotidiano Herald Sun, durante un’intervista con Cameron Adams, la diva infatti dichiarò: La mia conclusione è che se avessi registrato un intero album di canzoni autobiografiche, sarebbe stato visto come una specie di Impossible Princess (Parte Seconda) e ugualmente criticato“, aggiungendo: Quando sono tornata in studio per la prima volta, ho naturalmente scritto brani in cui parlavo di ciò che ho sofferto, e grazie al cielo quelli non sono stati leakati su Internet, quindi potrei cantarli dal vivo o pubblicarli più in là. Ma per questo disco non volevo che ogni singola canzone parlasse della malattia. Volevo fare quello che sono solita fare, e cioè soprattutto musica che metta la gente di buon umore”.

E noi, naturalmente, non possiamo che concordare.

Francesco Cappellano




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