Da Jennifer Lopez a Kylie Minogue: hit di seconda mano (Prima Parte)

In gergo prettamente discografico, si usa chiamarle ’Secondhand songs’, ma la connotazione non è del tutto negativa: sono le ’canzoni di seconda mano’, brani pubblicati da artisti non conosciuti a livello internazionale che produttori e manager decidono di offrire (a distanza di qualche anno o addirittura dopo pochi mesi) ad interpreti più celebri e promettenti, affinché ottengano maggiore fortuna nelle chart. Tecnicamente, sono anch’esse delle cover (nel senso letterale di ’rivisitazioni’), ma non nascono di certo dal desiderio di rendere omaggio all’artista originario. Anzi, il più delle volte, il cantante famoso che incide uno di questi pezzi non è nemmeno al corrente del fatto che sia stato già edito altrove, da qualche collega di cui ignora perfino l’esistenza.

Di casi del genere il mondo mainstream è pieno da sempre: in questo nuovo focus per PopSoap, abbiamo quindi deciso di parlarvi di dieci canzoni di successo che, a prescindere dalle vendite fruttuose e dagli alti posizionamenti in classifica, rappresentano dei ricicli musicali in piena regola. Ecco le prime cinque:

Superstar (2003) – Jamelia

Nonostante sia la quarta canzone più trasmessa dalle radio inglesi e maggiormente promossa con performance dal vivo (tra quelle uscite negli anni 2000), e sebbene rappresenti la mega hit che nel 2003 decretò il grande quanto fugace successo di Jamelia, Superstar non occupa un posto speciale nel cuore dei suoi produttori danesi, Cutfather e Joe Belmaati. A dirla tutta, non appesantisce da parecchio tempo neanche le loro tasche, visto che ai due beatmakers (noti per collaborazioni con Britney Spears, Kylie Minogue, Christina Aguilera e Brandy) non spetta più gran parte dei diritti sul pezzo a causa di un passo falso compiuto all’epoca.

Nata in studio con l’intenzione di emulare il sound R&B/funky di Just A Little dei Liberty X, Superstar viene proposta proprio alla casa discografica del gruppo made in UK, senza convincere più di tanto il destinatario. A registrarla per la prima volta, dopo aver firmato un contratto con la BMG a soli 17 anni, sarà una certa Christine Milton, famosa in Danimarca per aver preso parte al talent show Popstars. La ragazza pubblica la canzone come singolo d’esordio a gennaio del 2003, arrivando ad occupare la vetta della classifica locale per ben sette settimane.

Ma nel giro di 9 mesi scarsi, Cutfather, Joe e l’autore del brano, Remee, riprovano ad esportare Superstar all’estero, cercando un’interprete diversa da quella originaria: a ripubblicare il pezzo, tramite la EMI/Parlophone, sarà un’altra cantante agli inizi della carriera, la britannica Jamelia, che conquisterà le chart di molti paesi europei. E qui sopraggiunge il primo boccone amaro: mentre è in studio per incidere la sua versione, Jamelia si rifiuta di cantare il refrain sillabico interposto fra un verso e l’altro delle strofe (’ey oh ey oh ey oh’), fondamentale per scandirne il ritmo; pertanto, i produttori decidono di riempire quegli spazi con la voce della session singer Szhirley, tratta dal primissimo demo spedito in giro per le label quando Superstar era ancora un provino inedito. Nel momento in cui il singolo di Jamelia si rivelerà un successo internazionale, Szhirley pretenderà un corrispettivo congruo alle vendite e percepirà un totale di 100,000 corone danesi (circa 13 mila euro) per quell’intercalare udibile sette volte nel brano.

Nel frattempo, dato che la sventura non si presenta mai da sola, la Metronome Productions (colosso svedese celebre per aver finanziato Popstars) intraprende una battaglia legale contro Cutfather e Belmaati per non aver tenuto conto del fatto che la società avesse acquistato il copyright fonografico sul master di Superstar, quando quest’ultima venne rilasciata dalla Milton, a inizio 2003. Poiché la cover di Jamelia è sostanzialmente identica a quella di Christine e utilizza perfino la medesima base musicale, nel marzo del 2011 la Corte di Copenaghen giudicherà Cutfather e Joe colpevoli di frode, obbligandoli a riconoscere alla compagnia accusante i diritti reclamati e a cederle il 100% delle rendite ottenute fino ad allora da entrambe le versioni del pezzo.

Waiting For Tonight (1999) – Jennifer Lopez

Secondo estratto dall’album di debutto On The 6, nonché perfetta all’epoca per sancire l’entrata ufficiale negli anni 2000, grazie al testo e al video, Waiting For Tonight di Jennifer Lopez incarnava appieno quella febbre Latin pop mista a nostalgia eurodance che pervase il 1999. Eppure, il brano non era affatto di primo pelo: nell’ottobre del ’97 viene pubblicato in mezzo mondo da un trio femminile caduto nel dimenticatoio prima ancora di poter emergere, le 3rd Party, il cui membro principale, Maria Christensen, compare anche nei crediti di scrittura. La produzione del pezzo è curata da Ritchie Jones e Ric Wake, sotto lo pseudonimo LCD e con il supporto alle tastiere da parte dall’ormai leggendario Eric Kupper (braccio destro di Frankie Knuckles e David Morales e membro dei C+C Music Factory nei primi anni ’90). Ric Wake era anche il proprietario della DV8, piccola divisione della A&M Records attraverso la quale le 3rd Party avevano rilasciato il primo (e ultimo) LP Alive, contenente la traccia in questione.

Complice il fiasco della girlband e la volontà di rendere giustizia a quel brano dalle sorti infauste, Wake prova a riciclare Waiting For Tonight un paio di anni più tardi, inviandola a Cory Rooney, supervisore dei progetti musicali della Lopez, ma la versione delle 3rd Party (presentata come demo per Jennifer) non convince granché la diva americana a causa dell’arrangiamento un po’ troppo banale e cheap. Dopo parecchie insistenze da parte di Rooney, che aveva subodorato il potenziale del pezzo fin dal principio, Jones e Wake rimaneggiano il mix originario di Waiting For Tonight modificando non pochi dettagli sonori e aggiungendo elementi latineggianti alla base. Soltanto in questo modo la Lopez si convincerà a registrare il brano, che conquisterà la Top 10 in America, Regno Unito, Australia e diversi paesi europei.

Keep This Fire Burning (2002) – Beverley Knight

Prima di stancarsi delle regole imposte dall’industria discografica e diventare l’elfo più adorabile della musica indie, anche la nordica Robyn ha avuto un passato da piccola stella del pop commerciale. Tra il 1995 e il 2002, per un totale di tre album in studio, la Carlsson è stata infatti il fiore all’occhiello della BMG Sweden, e si è avvalsa del supporto di validi autori e produttori locali ben prima che espatriassero dalla terra natìa per collaborare con artisti americani (vedi Max Martin, Cutfather e Christian Falk). Proprio nel 2002 esce Don’t Stop The Music, il suo terzo LP (nonché ultimo disco finanziatole da una major), e a trainarlo è Keep This Fire Burning, un singolo che conquista fin da subito le radio e le chart scandinave, oltre alle piste da ballo di mezza Europa. Scritta da Robyn insieme a Remee (quello di Superstar) nel giro di dieci minuti, e prodotta dal duo GHOST, la canzone viene elogiata dalla critica per il suo ritmo funky/electro e per le melodie R&B, malgrado il paragone con What About Us di Brandy, uscita pochi mesi prima, sia inevitabile.

Nel 2004, la direzione artistica della Parlophone/EMI (capeggiata da Jamie Nelson) adocchierà Keep This Fire Burning e ne acquisterà i diritti sfruttando il fatto che sia ancora inedita nel Regno Unito. A reincidere il brano, donandogli un tocco più black, sarà la cantante soul Beverley Knight, che a marzo del 2005 pubblicherà la sua versione come ultimo estratto dall’album Affirmation.

On A Night Like This (2000) – Kylie Minogue

Lo scorso 29 dicembre 2017, giorno in cui il fanbase celebra l’anniversario dell’uscita di I Should Be So Lucky in UK, la carriera da cantante (e attrice) di Kylie Minogue è ufficialmente divenuta trentennale. Dal 1987 ad oggi, la piccola principessa del pop è sempre stata attiva e proficua in ambito canoro e recitativo, ma avreste mai creduto che una discreta parte del suo repertorio musicale è in realtà costellata di cover? Da Locomotion fino a Feels So Good del 2014, passando per Got To Be Certain (1988), Give Me Just A Little More Time (1991), Where Is The Feeling (1994), 2 Hearts (2007) e tante altre, alcune delle migliori canzoni della diva australiana sono tracce di seconda mano a tutti gli effetti. Fra queste, una in particolare è degna di nota, On A Night Like This, soprattutto per le dinamiche che hanno preceduto la sua inclusione nell’album Light Years del 2000.

Scritta da Steve Torch e prodotta dai Metro (Mark Taylor, Graham Stack e Brian Rawling), On A Night Like This viene incisa per la prima volta in assoluto da Anneli Magnusson, cantante d’origine svedese meglio nota come Pandora, e inclusa nel sesto album di quest’ultima, No Regrets, pubblicato solo in Giappone verso la fine del 1999.

https://soundcloud.com/mind_controller/pandora-on-a-night-like-this-1999/s-rx8bd

Poco più tardi, nei primi mesi del 2000, i Metro collaborano con la cantante greca Anna Vissi, alle prese in quel periodo con la registrazione del suo primo album in inglese, Everything I Am, e decidono così di cederle il brano, affidandolo alle mani di Walter Turbitt e Gary Miller (che sminuiranno non poco la produzione originale, a nostro modesto avviso). Anna presenterà il pezzo dal vivo, e in anteprima, sul palco della finale di Miss Universo, tenutasi il 12 maggio del 2000 nella fascinosa cornice dell’isola di Cipro.  Ma nel frattempo, non sazi delle future royalties che la canzone permetterà loro di percepire, Taylor e colleghi colgono il destro per offrire On A Night Like This ad una terza popstar, stavolta acclamata a livello mondiale e dunque più redditizia: Kylie, per l’appunto.

La versione che la Venere tascabile inciderà per il suo primo album in studio con l’allora nuova casa discografica EMI/Parlophone sarà praticamente identica a quella del ’99 rilasciata già da Pandora. Non solo: con un’astuta strategia di marketing e una missiva inviata alla Columbia e alla Universal, in cui entrambe le label venivano diffidate dal pubblicare il brano come singolo dai progetti musicali delle altre due cantanti, la Parlophone Records decide di lanciare On A Night Like This come secondo assaggio dal nuovo disco della Minogue a settembre del 2000, bruciando sul tempo la versione di Anna Vissi (anteriore rispetto a quella di Kylie in ordine di registrazione), che vedrà la luce nel disco dell’interprete ellenica soltanto nel mese successivo.

Too Lost In You (2003) – Sugababes

Chi non ricorda Love Actually? Quella commedia corale, ambientata a Londra in pieno periodo natalizio, che nel 2003 esordì sul grande schermo rivelandosi un successo al botteghino? Ad accompagnare musicalmente la pellicola era un brano delle Sugababes, trio femminile britannico all’apice della carriera in quegli anni. La canzone si intitolava Too Lost In You e si distingueva per il suo testo romantico e per una melodia nostalgica, quasi struggente, concepita dall’autrice di ballate più celebre nella storia della musica pop, l’inimitabile Diane WarrenMa anche in questo caso ci troviamo dinnanzi ad un puro esemplare di riciclo, benché legittimo: la Warren, infatti, scrive il pezzo sulla base di un arrangiamento curato dal collega e amico Khris Kellow, nel 1996, e lo deposita in attesa di trovargli una collocazione adeguata. La fortuna si presenterà puntuale dopo pochissimi mesi, quando a mettersi in contatto con Diane sarà una divisione locale della Sony, intenzionata ad acquistare Too Lost In You per una cantante francese, Patricia Kaas.

Adattata in lingua dal parigino Jean-Jacques Goldman (già coautore di Celine Dion, nel 1995, per l’album D’eux) e prodotta da Phil Malone e dalla stessa Patricia, Too Lost In You diventa così Quand J’ai Peur De Tout e viene estratta come singolo apripista dal sesto LP in studio della Kaas, Dans Ma Chair, nel febbraio del 97.

Quando, nel 2003, la Island Records inizierà a lavorare al terzo album delle Sugababes, Three, Diane Warren sarà approcciata dai rappresentanti della label affiliata alla Universal per una collaborazione con Mutya, Keisha e Heidi: sarà a quel punto che la penna doro della balladry deciderà di riesumare la versione in inglese del pezzo ceduto 6 anni prima alla Kaas, permettendogli di splendere, nella sua stesura originaria, attraverso la voce delle tre ragazze.

Francesco Cappellano


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