Romina Falconi: ‘Raccontare le paure non è più di moda’

Milano. Dicembre 2018. Quello che doveva essere un appuntamento per parlare degli ultimi progetti di Romina Falconi si è trasformato in una serata di riflessioni e confidenze tanto che alla fine non capisco se l’incontro sia stato più utile a lei o a me che mi son permesso di vomitarle addosso pensieri e frustrazioni di varia natura. D’altronde è stata lei stessa ad aprire un centro d’ascolto per cuori infranti in pieno centro a Milano presso la Galleria Santa Radegonda di Piazza Duomo e, benché l’esperienza si sia (per il momento) conclusa a metà novembre, ho deciso di chiederle una consulenza fuori tempo massimo. Così, tra un aperitivo sfociato in un caffè, in un ammazzacaffè e in un “Ammazza quant’è tardi dobbiamo andarcene”, Romina ha presentato a PopSoap anche il nuovo singolo Vuoi l’amante (Freak & Chic / Artist First) in arrivo a inizio gennaio 2019 e che anticipa il secondo disco di inediti previsto per la primavera.

Il centro di ascolto era proprio sotto la Madonnina: si sarà scandalizzata per quello che ha sentito?

Più che scandalizzata avrà pensato che volessi smettere di riflettere sui miei dolori e cominciare a dare una mano pure agli altri, perché la cosa bella dell’aver avuto tante fregature in passato è che poi si diventa saggi, e i saggi stanno sul cazzo a tutti perché sono solo persone che l’hanno presa al culo prima di te. Secondo me la Madonnina c’ha pure un po’ protetti (ride, ndr), perché questo centro non poteva essere in nessun altro posto se non sotto una metro, dove la gente passava e ci fotografava davvero come se fossimo Marina Abramovic della Garbatella.

Che bilancio faresti delle storie che ti sono state raccontate?

Ci sentiamo molto soli. Tanti si sono lamentati che queste applicazioni per incontri lasciano l’amaro in bocca perché è come se uno si concentrasse al 100% per fare la performance da paura e poi basta. Gli approcci diventano più grotteschi, meno umani perché l’importante è fare effetto all’inizio. Io non ci credo molto, tant’è vero che a un appuntamento, ridendo e scherzando, faccio la lista delle cose che non mi piacciono di me, e ho scoperto che questo suscita la curiosità di chi mi sta di fronte perché si sente un po’ in dovere di vedere se c’è altro. Ai primi appuntamenti bisogna spiazzare!

Colpa della realtà virtuale quindi?

Siamo tutti così abituati con i social a far vedere il meglio di noi che lo riportiamo pure nella vita vera, come se raccontare le paure non fosse più di moda, perché cerchiamo di mostrarci sempre tendenti al positivo, al “domani andrà bene”, ma io la notte come la passo? Ho avuto mille idee di merda nella vita, ma questa del centro è stata una delle poche veramente belle. Mentre i ragazzi si confidavano anche io dicevo cose molto gravi di me e so che non mi tradiranno perché quando sei pronto a far vedere prima il buio che la tua luce è come se l’altro non si sentisse in dovere di sembrare migliore di te e allora fa vedere pure lui il peggio di sé.

Il minimo comun denominatore delle storie sembra dunque essere la difficoltà a incontrare l’amore, è così?

La difficoltà a lasciarsi andare con qualcuno che già si sa che non vuole lasciarsi andare. C’è chi non è stato cresciuto con amore e quindi mette una barriera, e se la metti già nei primi anni di vita figurati come puoi essere all’ennesima delusione d’amore. Magari incontri qualcuno per strada che potrebbe essere l’amore della tua vita e lo tratti come una pezza da piedi. Io penso che siamo tutti molto soli, ripeto. La voglia di innamorarsi c’è ma è come se si dovesse seguire un iter, mettersi una maschera e far vedere che non si è abbastanza interessati così l’altra persona si stimola ancora di più. Tutti dicono che le tattiche sono brutte però le stanno usando in molti. Non dico che uno deve fare un post su Instagram dove va a buttà la monnezza, però manco cercare sempre di essere migliori di quel che si è. Di tutte le persone che ho amato mi ricordo i difetti, di quelli ci si deve innamorare, invece è come se si avesse paura di mostrare alcuni lati di noi stessi.

L’esperienza del centro per cuori infranti tornerà?

Deve, perché è un regalo che faccio pure a me stessa. Cercherò di abbinarlo a un tour: la sera faccio il concerto e la mattina dopo mi fermo in quella città e faccio il centro d’ascolto.

Il centro è nato in concomitanza con il lancio del singolo Le 5 fasi del dolore: per te qual è la più complicata da affrontare?

La fase dove sono regina è il patteggiamento, io contratto tutto: “Ci siamo lasciati ma rivediamoci ancora una volta”, o anche “Ti devo dare una cosa”. Quella fase mi dura mesi, mi incastro puntualmente lì. Una volta ero disperata per amore e mi è capitato di dire: “Facciamo l’amore per l’ultima volta” che è di una tristezza… e infatti son scoppiata a ridere mentre lo dicevo.

Nel brano canti anche: “Dove hai imparato a correre via da me?”. Quanto fa male vedere che l’altro si è rifatto una vita?

Il problema è questo: se soffrono tutti e due va pure bene, ma se l’altra persona fa il carnevale di Rio ed esce tutte le sere… Quando per te è stato un grande amore e l’altra persona non sta vivendo il lutto come dovrebbe vai fuori di testa perché pensi di essere stato preso in giro. In realtà siamo tutti diversi caratterialmente: c’è chi ha bisogno di soffrire 6 mesi e chi lì per lì non vuole accettare che sta soffrendo e ci arriva dopo. Ho sempre trovato fidanzati che finita la storia cercavano di darsi un tono e io rosicavo da morire, ma dopo 6-7 mesi io guarivo e questi si rifacevano vivi.

Hai la fortuna che quel che scrivi sai che verrà ascoltato anche da quelli a cui stai parlando, che effetto fa?

Sì sono sicura che sentono tutto. Uno di loro, un grandissimo amore, si è fatto vivo con una mia amica: “Dì a Romina che è stata il mio grande amore”, ma che senso ha dirlo a lei?

Hai definito l’album di prossima uscita una “mappa emotiva degli schiaffoni della vita”: quanto è stato difficile tracciare questa mappa e orientarsi tra i meandri del cuore?

A seguito della scrittura di una canzone sono stata in down 3 mesi, combaciava con un periodo no, non avevo più forze, speranze e sogni. Sembravo un’altra. Questo disco è stato molto sofferto, perché ci sono argomenti duri che affronto con leggerezza, e altri che per qualcuno non sono tosti ma per me sono tabù. Ad esempio se parlo della morte di mio fratello lo faccio con una certa pace nel cuore e rassegnazione, se devo parlare del fatto che ho paura a lasciarmi andare con un uomo perché non mi fido di me stessa tra le braccia di qualsiasi uomo… beh quella è un’ammissione brutta.

3 anni fa dicesti che il prossimo le avrebbe pagate per tutti, oggi siamo qui a parlare dell’elaborazione del lutto che segue la fine di una storia: qualcosa in questi anni non ha funzionato…

La colpa è sempre 50 e 50, non mi piace pensare troppo a me come vittima, buona parte della responsabilità è pure mia che ho questa sindrome dell’abbandono e non mi lascio andare. Voglio vedermi in una coppia ma forse sono la prima a mettere tanti paletti. Sono brava a raccontare il disagio ma questo non vuol dire che non abbia vissuto anche un amore folle. Sono stata molto amata ma il problema mio è questo: tendo a essere il miglior amico dei miei fidanzati, sembro fragile e dopo un po’ gli prende la sindrome di Pigmalione e mi vogliono plasmare. A quel punto entra in gioco una forza che non ho mai mostrato prima e che li spiazza. Il fatto che mi piaccia sentirmi fragile non significa che sono di pongo, cazzo! E gli uomini spesso non lo sopportano.

A giorni invece uscirà il nuovo singolo Vuoi l’amante. Presentacelo in anteprima.

Parla del masochismo, della dipendenza affettiva. Io mi sono sentita amante con la mia prima convivenza, lui era anaffettivo e quando stava con gli amici non lo dovevo chiamare, non mi voleva nemmeno presentare. A un certo punto ho pensato: “Ma so ‘na cessa?!”. L’amante non è solo quella che frequenta l’uomo impegnato, è quando ti senti al di sotto dell’altra persona. Ho imparato una grandissima verità: in una relazione, soprattutto i primi tempi, se ti metti nella condizione di inseguire, l’altro pure se è Gandhi scappa. Optate per le tattiche! Agli inizi per rendere i due mondi paritetici vale la regola “io ho bisogno di te ma fino a una certa e viceversa”. Quando si arriva a questo equilibrio l’altra persona si lascia andare.

Emanuele Corbo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *