Dallo scorso 14 aprile è online il nuovo video di Romina Falconi, Sotto il cielo di Roma (di cui vi avevamo già parlato qui), secondo singolo estratto dal disco d’esordio Certi sogni si fanno (JLe Management). A PopSoap la cantautrice ha confidato i retroscena del videoclip e il suo legame speciale con la città. E ha annunciato l’uscita del nuovo EP.
Nel video di Sotto il cielo di Roma attraversi alcuni luoghi cari al tuo vissuto, che effetto ti ha fatto ripercorrerli dopo averli messi in musica?
Ciao Emanuele! È stato bellissimo ritornarci con i miei nuovi compagni di viaggio. Luca Tartaglia è un regista nato e cresciuto a Milano, ma si è innamorato del centro di Roma così come della mia piccola Parigi-Torpignattara. Ha saputo cogliere perfettamente il senso profondo del brano. Abbiamo girato per tre giorni sotto un cielo che prometteva pioggia ma che non ci ha traditi mai. Che tenerezza di fronte al muro della Madonnina di Largo Preneste con tutti gli ex voto dei fedeli… Le persone della zona le affidano le proprie preghiere e, se quanto chiesto si realizza, tornano entro un anno a lasciarle una piccola targa di marmo di ringraziamento. A prescindere dalla religione la trovo un’usanza molto poetica. Siamo stati poi al mercato di via Marranella e la gente era divertita; grandioso anche passeggiare in centro per la Roma che tutti conoscono con un cappellone pesantissimo sulla testa.
Quanto devi alla tua borgata, Torpignattara?
Devo molto, tutto direi. La mia gente è schietta e generosa, ne ha viste di ogni. Ho amici in carcere e conosco persone che fanno tantissimi sacrifici per far star bene i figli. La cosa meravigliosa è che lì siamo tutti sulla stessa barca, nessuno osa giudicare. Ho fatto cose di cui non vado fiera, errori di gioventù e sbandamenti, ma con l’aiuto degli amici veri e della famiglia ho imparato tantissime lezioni.
Non deve essere stato facile misurarsi con quella realtà, tanto che nel brano dici di esserti sentita «sputata dentro un tailleur di dolori» e di aver avuto l’impressione di non essere mai abbastanza.
Beh si, ma ho imparato col tempo che gli schiaffi insegnano molto più dei consensi. Se fossi cresciuta in un posto perfetto ora non scriverei e non canterei; magari sarei una persona migliore o peggiore ma non sarei io. Sin da piccola ero un’aliena: erano in voga le Spice Girls e io cercavo le musicassette di Terence Trent D’Arby. Oggi non seguo le mode perché da bambina non potevo permettermi di seguirle, disegnavo vestiti che mia madre cuciva, mi sentivo sempre fuori posto ma poi ho capito che essere diversi a volte aiuta. Avevo amicizie che desideravano cose concrete, io semplicemente dicevo: «Da grande voglio cantare». Ho perso mio fratello in un incidente stradale e se adesso qualcuno volesse criticarmi con l’intenzione di farmi del male, al massimo mi strapperebbe una risata. Crescere sentendosi fuori luogo non fa acquisire sicurezza anche una volta che si è diventati grandi, ma forse è un buon modo per mettersi sempre in discussione e per non darsi arie inutili.
Qual è stato invece il tuo rapporto con la Roma da cartolina che tutto il mondo è abituato a vedere?
Roma è sempre stata una mamma buona e ospitale. I romani amano godere, a volte può sembrare un difetto ma sono loro stessi a ridere di sé e della vita. Il dialetto romano è parlato da persone semplici come dai colti non per sfacciataggine, ma per esorcizzare, sentirsi a casa e capiti. Il bello della Roma da cartolina è che una volta arrivati lì diventa tua, mia, di tutti.
Quanto ritrovi della tua città nel ritratto fatto da Sorrentino ne La grande bellezza? È davvero il simbolo di un Paese che ha sepolto la propria bellezza sotto uno strato di superficialità e stordimento, come ha dichiarato parte della stampa?
Sorrentino è un genio che ha voluto rappresentare la solitudine in uno dei posti più belli e conosciuti d’Italia. Una metafora meravigliosa. La vera bellezza prima che intorno la devi vedere dentro di te. Trovo che sia il simbolo di una società che dà più valore alla superficie che al resto, il consumismo visto nel suo stadio più basso. È la società che pretende di evitare il dolore, come se potesse scegliere di essere immortale. Nessun uomo vive all’altezza delle proprie passioni, tutti pretendono tanto dando poco. Ma il vero viaggio è il viaggio stesso, non la meta. Non si può vivere una vita immaginando e osannando una meta, è la cosa più pericolosa perché l’aspettativa è la peggiore delle puttane.
Sempre secondo la critica i personaggi del film, presi dall’ansia di apparire, non si domandano mai chi stiano diventando. La tua realtà di quartiere invece come ti ha aiutato a capire chi sei e chi volevi essere?
È forse grazie alla dura realtà che vivevo che ho trovato il coraggio di dire a me stessa: «Ho una grande passione e nulla da perdere, se non mi butto ora non mi perdonerò facilmente». Quel film sembra davvero specchio dei nostri tempi. Una grandissima percentuale di persone in Italia è sicura di cosa farà ma non sa dove sta andando adesso. Hanno sdoganato gli slogan “puoi diventare tutto ciò che vuoi”, “il popolo è sovrano”. In tv ci hanno rincoglionito con i reality show facendoci sentire protagonisti e decisivi, ma le puntate le hanno montate loro, i personaggi li hanno fatti uscire loro. Nessuno si è però preoccupato di aggiungere: “Per essere davvero liberi e raggiungere i propri traguardi bisogna farsi un mazzo grosso quanto un otre!”. Io sono stata fortunata: le esperienze belle e brutte, l’aver avuto accanto dei mostri sacri della musica – penso al tour con Ramazzotti – e la mia indole mi hanno permesso di dare grande valore a tutto ciò che ho fatto. Cantare per me non era una voglia da accontentare. Cantare è una necessità, non una scelta.
Sei soddisfatta del percorso dell’EP Certi sogni si fanno?
Molto, per presentarmi ho scelto questo primo EP, il più sperimentale dei tre che completano l’opera, per vedere cosa sarebbe successo, come un sassolino che viene buttato in un lago. La realtà è stata molto gratificante perché il disco è arrivato in top 10 su iTunes proprio nel bel mezzo del periodo sanremese. Sono soddisfatta soprattutto perché i miei compagni di viaggio hanno sposato la causa e mi hanno permesso di presentarmi in una maniera molto dignitosa. Certi sogni si fanno e… si avverano!
Ti vedremo presto in qualche altro live?
Sì, il 12 maggio a Milano all’Eataly, proprio nel giorno in cui uscirà il mio secondo mini album Attraverso.
Photo Credit: Luca Tartaglia
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