Poco meno di due anni fa Michele Bravi vinse la settima edizione di X Factor conquistando il pubblico con la sua educazione e le interpretazioni mature dei brani assegnati. Dopo il successo del singolo La vita e la felicità e l’uscita del disco A passi piccoli (Sony Music, 2014) che fu accolto tiepidamente, il giovane cantante ha attraversato un periodo di confusione e incertezze che lo hanno portato, nel gennaio 2015, ad aprire un canale YouTube. In pochi mesi Michele è diventato una star del web e, per mezzo di video settimanali, ha raccontato ai suoi seguaci il percorso verso il nuovo disco. Un EP – intitolato I Hate Music, pubblicato lo scorso 2 ottobre da Universal Music ed entrato al terzo posto della classifica FIMI – che rappresenta un netto taglio con il passato: 8 brani in inglese, quasi tutti co-prodotti e co-scritti in prima persona. Una rinascita artistica e personale passata attraverso un sentimento di odio persino per la musica. Abbiamo incontrato Michele Bravi durante la presentazione dell’album alla stampa e ci ha spiegato come ha ritrovato la bussola.
I Hate Music è un titolo forte per il disco di un cantante…
L’album è un grande sfogo che riassume un anno e mezzo negativo. Ero arrivato al punto in cui non cantavo volentieri e non ascoltavo musica, non capivo che cosa volessi fare.
Eppure eri reduce dalla vittoria a X Factor.
Dopo un talent show non succedono solo cose belle. Avevo 19 anni, non sapevo bene dove volessi andare e quella improvvisa popolarità mi aveva destabilizzato, anche perché non ho un carattere così forte da reggere le mie incertezze.
Come sei uscito da quella situazione?
Ho capito che quando si odia qualcosa è perché non si è trovata la giusta forma per amarla. Il vero contrario dell’amore è l’indifferenza, se me ne fossi fregato avrei abbandonato la musica, invece proprio perché ci ho pianto notti intere ho voluto trovare il giusto modo di farla.
Quale sarebbe?
Mi ero reso conto di essere quello che cantava i pezzi che fanno ‘piagne’, ora ho voglia di saltare e di essere più leggero e scanzonato. Ho trasformato l’odio in grinta.
Il singolo The Days riassume bene quanto stai dicendo.
È il primo pezzo che ho scritto per il disco ed è nato nella fase più scura e delicata. Ci ho messo un anno a finirlo, e racconta anche il momento in cui mi sono rialzato. È stato facile scrivere la strofa, che parla dei giorni più duri, ma non riuscivo a trovare l’apertura del ritornello semplicemente perché ancora non l’avevo vissuta.
A livello sonoro c’è un bel cambiamento rispetto al primo disco. Pensi di aver trovato la tua cifra stilistica?
Quando è uscito il primo album non sapevo chi ero, anche musicalmente, quindi avevo bisogno di fare un primo passo come interprete supportato da tanti autori che mi aiutassero a capire chi volevo essere. Ora, grazie a loro, lo so.
Musicalmente hai ascoltato qualcosa che ti ha ispirato per questo nuovo progetto?
L’elettronica, che per me era un mondo sconosciuto, è entrata nella mia playlist. Pensavo fosse finta e plasticosa, ma era perché ascoltavo elettronica di merda, quando ho scoperto grandi professionisti come Four Tet ne sono rimasto affascinato.
E Troye Sivan, del quale hai fatto una cover?
Ha un percorso affine al mio, nasce come youtuber e musicista. Ho inserito The Fault In Our Stars perché è stata la colonna sonora dei giorni più bui: racconta un periodo a cui non volevo più guardare e lui con quelle parole lo spiega al posto mio.
A proposito, che cosa ti ha spinto ad aprire un canale YouTube?
Avevo voglia di capire quali fossero le mie forze senza il sostegno dei media tradizionali e quale il rapporto con il mio pubblico: è giusto ascoltare chi compra la tua musica. Prima di aprire il canale mi ero accorto che il mio parlare agli altri era un monologo. Avevo bisogno di un confronto. Ho iniziato l’esperienza di YouTube nel momento in cui non mi si filava nessuno, ma mi sono appassionato perché piano piano ho capito cose di me e tante persone si stavano affezionando al progetto.
E a che conclusione sei arrivato sul tipo di rapporto con i fan?
Lo sto capendo ora, a X Factor non avevo contatti con l’esterno e quando sono uscito mi sono sentito violato, tutti sapevano come mi chiamavo, l’ho vissuta male. In un secondo momento mi sono reso conto che dietro l’idolatria può esserci una bella forma di affezione a quello che fai e a come lo racconti. Il pubblico del web è più amichevole e carnale, io sono un ragazzo che racconta la propria voglia di fare di una passione una professione.
E che cosa dice di questa svolta e di questo EP nonno Bravi, molto amato anche dai tuoi fan?
(Ride, ndr) Mio nonno in realtà non ascolta mai niente di mio, ho una famiglia che sa molto poco di quello che faccio, ma va bene così perché mi serve per rimanere con i piedi per terra. L’altro giorno è uscita la classifica e ho detto a casa: “Oh sono terzo!”. La risposta è stata: “Ah”, punto. È giusto che loro mi ricordino chi sono per poi raccontarlo in musica.
Michele Bravi è attualmente impegnato in un instore tour che toccherà l’Italia da nord a sud. Maggiori informazioni qui: http://bit.ly/ihatemusicinstore.
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