Ace Wilder: «Noi, generazione lavorativamente instabile»

Da qualche tempo l’asse della musica pop sembra essersi spostato verso la Svezia, che sarà pure un Paese freddo ma sa bene come scaldarsi. Ballando in pista, s’intende. Dopo il successo di Avicii e delle Icona Pop, arriva infatti la 32enne Ace Wilder (nome d’arte di Alice Gernandt, grande ammiratrice di Kim Wilde) a infiammare il dancefloor con la hit Busy Doin’ Nothin’, che in patria ha conquistato le chart dei singoli e di Spotify ed è stata certificata triplo platino. La bionda popstar, tutt’altro che algida, ha fatto una breve tappa in Italia lo scorso 16 settembre per promuovere il brano. PopSoap l’ha incontrata nel pomeriggio più mondano dell’anno, in concomitanza con la Vogue Fashion Night Out. “Io amo la moda, da 15 anni colleziono tutti i numeri di Vogue Magazine”, ha confidato Ace Wilder che in serata ha tenuto uno showcase alla terrazza Aperol nell’ambito dell’Ice-Watch Party.

In Busy Doin’ Nothin’ dici di essere impegnata a non fare nulla. Sei davvero così pigra come canti nella canzone?
No, ho mentito. In realtà sto viaggiando per lavoro, rilascio interviste, e scrivo tante canzoni.

Per esempio mentre guardi documentari, come nel caso di questo singolo…
Stavo guardando 60 Minutes, un programma di news, e discutevano di come noi giovani non amiamo molto lavorare, ma tendiamo a fare molte richieste ai nostri datori di lavoro: vogliamo andare a yoga alle 11, farci le unghie alle 15… I nostri genitori, invece, una volta trovato un lavoro se lo tenevano per sempre.

È una critica alle nuove generazioni quindi?
In realtà è una fotografia per dire: “Questa è la situazione attuale”.

E tu ne sei dentro o fuori?
Qualche volta dentro, altre no. Lavoro nell’industria musicale, non so cosa voglia dire essere fedeli a una società, ma ho amici che cambiano impiego molto frequentemente. Il mio dipende dall’offrire qualcosa che alla gente possa piacere, devo essere fedele alle persone… ha senso quel che sto dicendo? (chiede con aria perplessa, ndr).

Prima della musica c’era la danza nella tua vita, come hai iniziato a ballare?
Avevo 6 anni e vedendo in televisione Michael Jackson ho capito che avevo bisogno di fare ciò che faceva lui.

Poi l’esperienza in una girlband. Che ricordo hai del periodo nelle Paper Moon Dragon?
(Storce un po’ il naso prima di rispondere, ndr) Ricordo molte liti e compromessi, perché eravamo tre persone diverse e ognuna con le proprie visioni e i propri sogni. Però resta comunque un bel periodo che mi ha insegnato a lavorare in gruppo e a stare sul palco.

E come hai deciso di intraprendere la carriera solista?
Avevamo capito che il gruppo non avrebbe funzionato, per cui ci siamo prese una pausa e ho pensato: “Mi metterò a studiare, scriverò qualche canzone”. Finché un giorno mi sono detta: “Al diavolo, io ho bisogno di stare sul palco!”.

E così hai iniziato a scrivere brani per altri artisti…
Sì, per lo più cantanti tedeschi e alcuni asiatici.

Ace Wilder, photo credit: Jeremias Mielonen
Ace Wilder, photo credit: Jeremias Mielonen

Quali sono le principali differenze tra lo scrivere per altri e per te stessa?
Quando scrivi per qualcun altro devi sapere ciò che vuole e provare a entrare in sintonia con il suo mondo. Scrivere per se stessi invece è più difficile, vuol dire guardarsi dentro e in qualche modo diventare più profondi.

Hai mai pensato di scrivere una canzone in “swenglish” (Ace è cresciuta in Florida e a 17 anni è tornata in Svezia ma non ha imparato alla perfezione la lingua, per cui parla un misto di svedese e inglese)?
Probabilmente lo farò, perché lo parlo benissimo! (scherza divertita, ndr).

Che tipo di musica hai ascoltato in questi anni?
Non sono cresciuta con la musica svedese, i miei genitori ascoltavano i Beatles, i Rolling Stones, Elvis. Mia madre amava molto i Bee Gees. Quando sono tornata in Svezia ho ascoltato gli Abba per la prima volta e ho detto: “Ma è magnifico!” (e si lascia andare a un accenno di Dancing Queen, ndr).

Che cosa ci puoi anticipare del tuo disco d’esordio? Quali stili troveremo?
Amo la musica pop che raccoglie influenze diverse tra loro. Sono stata ispirata da Drake, dal country, e c’è persino una samba.

Sei capitata a Milano durante la settimana della moda, è la prima volta che vieni in Italia?
Sì, c’è della bella gente, ho già visto un po’ di modelli… Ho sentito dire che Milano è una città grandiosa per fare festa; e poi il cibo! Penso proprio che ci tornerò per fare una vacanza.

 

Emanuele Corbo




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