Lo scorso 5 luglio 2021, dopo una lotta impari contro un male scoperto pochi mesi prima, la grande Raffaella Carrà ci ha lasciati spiazzando tutti. Lo ha fatto in punta di piedi, con la ferma volontà di non suscitare preoccupazione nel pubblico né dar luogo ad irrispettosi sensazionalismi qualora le notizie sulle sue ormai compromesse condizioni di salute fossero trapelate prima della scomparsa. Raffaella ha compiuto un ultimo, genuino atto d’amore nei confronti di chi l’ammira e segue da anni, affinché tutti la ricordino impeccabile, vivace e splendente come appariva sul piccolo schermo.
Per celebrarla su PopSoap nel migliore dei modi, ho scelto di tornare indietro nel tempo, fermandomi al 21 dicembre del 1974, giorno in cui Rumore, il brano che Raffa in persona ha sempre citato come quello di cui andava più fiera, raggiunse il suo picco in quarta posizione nella classifica italiana dei singoli, rimanendovi stabile per ben 6 settimane consecutive (fino al 25 gennaio del 1975) e arrivando a vendere oltre 10 milioni di copie a livello mondiale dopo essere stato tradotto e reinciso in francese, spagnolo e inglese.
Canzonissima ’74
Siamo nel 1974, la TV è ancora in bianco e nero quando, sul canale nazionale, la 12esima e ultima edizione di Canzonissima (abbinata come di consueto alla Lotteria Italia) va in onda nel tardo pomeriggio della domenica, sotto influsso dell’austerity, e non più di sabato sera. Per la Rai, questa nuova stagione autunnale si apre nel bel mezzo di una fase transitoria: dal 18 settembre del 1974, il rigoroso e democristiano Ettore Bernabei non è più direttore generale, avendo lasciato l’incarico dopo ben 13 anni di acuta e spesso restrittiva supervisione, e la TV di Stato attende cauta il suo successore (l’altrettanto democristiano Michele Principe, che subentrerà ufficialmente il 23 maggio del ’75). Al clima guardingo del periodo si aggiungono il cambio della fascia oraria di trasmissione subìto da Canzonissima e la presenza rassicurante del pupazzo più amato dai bambini, Topo Gigio, divenuto parte del cast insieme a Raffa e al duo comico Cochi e Renato per attirare la curiosità dei minori e rendere lo spettacolo più adatto al pubblico pomeridiano.
Le sfide alla censura
Dopo aver spalleggiato Corrado nelle precedenti edizioni del programma (risalenti al 1970 e al 1971) e aver condiviso la scena con Mina nel mastodontico Milleluci fino a qualche mese prima, Raffaella Carrà è adesso la conduttrice dello show, vedette e maestra cerimoniera. C’è qualcosa di diverso in lei, Raffaella appare più adulta: il trucco è più marcato e il caschetto firmato dal mitico Bruno Vergottini, che la distingue da quando esordì sul piccolo schermo in Io, Agata e Tu, tende ora al biondo miele, è più corto del solito e ha un ciuffo mosso che le copre la fronte di lato.
La Raffaella dal viso verginale e dal corpo sexy, metà santa e metà peccatrice, è diventata donna da capo a piedi e torna, ancora una volta, a fronteggiarsi con i censori del canale nazionale quando a far discutere non sarà più l’ombelico, bensì il suo décolleté. L’abito bianco scelto dalla Carrà per Felicità Tà Tà, la sigla che per tutte le puntate di Canzonissima ’74 aprirà lo show, consiste infatti in pantaloni a zampa d’elefante e in un bolero originariamente chiuso con due alamari, l’uno al di sotto del seno e l’altro all’altezza della vita, che diventano tre quando i pudibondi difensori del decoro in Rai visioneranno le prove e imporranno al costumista un’allacciatura aggiuntiva sull’addome della showgirl.
A 31 anni, e nonostante la censura, la Carrà riesce comunque a spingersi oltre, affermando la propria libertà di espressione e punzecchiando l’invadente clero attraverso la danza e la musica. Quella di Canzonissima ’74 rappresenta l’era delle micro tute sgambate in lurex, dei balletti sempre più scapigliati e delle audaci scollature che denudano schiena e osso sacro. Raffaella è ormai consapevole della propria femminilità e la svela pian piano con orgoglio.
Un sisma tradotto in musica
Ma Canzonissima ’74 prelude anche al lancio della Carrà a livello internazionale. Non solo per gli elaboratissimi stacchetti corali che Raffaella esporterà in Spagna l’anno successivo, ma anche e soprattutto per un pezzo che si allontana dalle tradizionali sigle televisive amate dai più piccoli e dalle famiglie e avvicina la vedette al fumoso e psichedelico mondo dei nightclub.
Nel corso della seconda puntata del programma, trasmessa il 12 ottobre di quell’anno, Raffaella presenta per la prima volta in televisione Rumore, tratto dall’album Felicità Tà Tà. Appare avvolta in una stilosa camicia a collo alto e a maniche lunghe, con stampa zebrata che richiama lo sfondo animalier presente nella foto scelta per la copertina del 45 giri su cui la canzone è incisa come lato A. Alle sue spalle, un insolito fondale sfocato.
La canzone è un sisma tradotto in musica, è arrangiata da un nome di tutto rispetto in quel periodo, Shel Shapiro, che in qualità di produttore (e non più frontman dei Rokes) mette insieme una band per crearne la base musicale, con Tullio De Piscopo alla batteria, Luigi Cappellotto al basso e Andrea Sacchi alle chitarre.
Rumore suona estremamente diversa dal brano che funge da sigla di apertura di Canzonissima ’74 e che dà il titolo all’LP in cui è contenuta. 122 BPM in grado di riempire la pista da ballo grazie ai colpi di una grancassa che batte dritta fin dall’incipit e avanza prepotente anticipando il ritmo della disco music (e, volendo azzardare, quello della futura techno). Ai fiati dell’intro si uniscono giri di chitarra blues e un basso dal suono corposo che vanno di pari passo con le percussioni sempre più incalzanti, in un crescendo di voci che intonano un refrain sillabico e sostengono quella di Raffaella quando il pezzo esplode. Rumore non dà tregua, è un esempio di disco music allo stato primordiale, inglobando tutti gli elementi organici che caratterizzeranno il genere prima dell’utilizzo dei sintetizzatori. La parte centrale della canzone è l’unico momento in cui la base perde vigore e si placa, con il basso che rimane in prominenza, diventando più cupo, e il suo andamento furtivo e singhiozzante. La chiusura è un tripudio R’n’B con voci black in sottofondo che accompagnano quella principale fino a dissolversi.
La performance di lancio, tuttavia, è penalizzata da un’inquadratura fissa che si limita al mezzo busto della Carrà e non osa allargare il campo visivo. Un vero e proprio controsenso rispetto al fervore con il quale Raffaella canta e balla il suo pezzo. Le due esibizioni successive, che avranno luogo quando lo show sarà ormai rodato, eleveranno il brano nell’iperuranio della discografia dell’artista, rendendolo il quarto singolo più venduto in Italia per 6 settimane di seguito, tra la fine del 1974 e l’inizio del 1975, nonché il suo più grande successo commerciale.
Per la seconda performance di Rumore, viene finalmente allestita una scenografia propriamente detta: tra faretti e giochi di specchi, il palco si trasforma in una sorta di Piper Club con Raffaella che canta il pezzo vestita per filo e per segno come lo era nella prima esibizione, stavolta dimenandosi a colpi di chioma su una pedana cilindrica posizionata al centro della pista. Attorno a lei, un folto gruppo di capellute comparse (abbigliate secondo la moda del tempo) che danno libero sfogo all’energia che quella musica effonde.
La terza esibizione di Rumore sul palco di Canzonissima ’74 avverrà durante la puntata finale del programma, a chiusura di un medley che Raffaella esegue con il suo corpo di ballo rimettendo in scena la stessa atmosfera da locale notturno e scegliendo di rimanere a gambe scoperte, con un body e una casacca ricoperta di lustrini.
Le origini di Rumore
Le prime note che porteranno alla scrittura e alla produzione di Rumore fuoriescono all’inizio del 1974 da un bilocale situato a Milano, in Via delle Legioni Romane. Come raccontato in un illuminante articolo apparso su Rockol nel 2012, a strimpellare gli accordi del futuro ritornello della canzone (‘Na, na, na, na, na, na / Mi è sembrato di sentire un rumore, rumore’) è l’allora esordiente Guido Maria Ferilli, compositore e paroliere d’origine leccese, emigrato nel capoluogo lombardo nei primi anni ’70, che all’epoca aveva già firmato pezzi per Adriano Pappalardo e Caterina Caselli e che, nel 1975, avrebbe musicato il successo mondiale Un Amore Così Grande interpretato dal tenore Mario Del Monaco.
La melodia del refrain di Rumore, accennata da Ferilli con una chitarra durante i pomeriggi uggiosi trascorsi in casa, attira l’attenzione (e l’approvazione) dei ragazzini che giocano nel cortile della sua palazzina. Appagato nel vedere quei giovani gasarsi e accennare mossette su quel ritmo, Ferilli comincia a mettersi alla ricerca dell’autore ideale a cui proporre di scrivere un testo di senso compiuto sul suo motivo e, sfruttando conoscenze in ambito discografico, si rivolge al compianto Andrea Lo Vecchio, stimatissimo cantautore meneghino scomparso a febbraio 2021 per le gravi complicazioni causate dal Covid.
Un dialogo tra ragione e sentimento
Con non poche difficoltà, dovute all’inusuale metrica del pezzo che accelera in più punti, Lo Vecchio riesce a trasformare quella melodia così trascinante nella storia di una donna che ha da poco lasciato il compagno/marito e si ritrova ad affrontare il demone notturno dell’ansia quando capisce di essere tornata sola. Nonostante la protagonista del testo si rivolga al partner da cui ha scelto di separarsi, Rumore è in realtà un dialogo interiore tra ragione e sentimento, non molto diverso dal dissidio che in quel periodo storico affliggeva molte cittadine italiane, da una parte forti della legge sul divorzio, approvata nel 1970, che permetteva loro di non essere più sottomesse al vincolo coniugale qualora il matrimonio naufragasse, dall’altra esitanti e timorose di prendere la decisione fatidica e distaccarsi definitivamente dai loro uomini, sotto ogni punto di vista.
Nel suo libro ‘Sono contrario alle emozioni’ (èdito da Einaudi nel 2011), lo scrittore e drammaturgo napoletano Diego De Silva dedica un breve capitolo a Rumore e, per bocca del protagonista del romanzo (il celebre avvocato Vincenzo Malinconico), offre una brillante interpretazione sull’uso del passamontagna nelle foto scattate per la promozione del singolo e per la copertina dell’album. Traendo spunto dalle parole dell’autore partenopeo, è come se in quel look da intruso domestico, con la balaclava che lascia scoperti soltanto gli ammalianti occhi da cerbiatta della Carrà, fosse possibile scorgere la manifestazione visiva delle fobie e delle angosce provate dalla protagonista del brano; due stati d’animo che trovano nella figura del rapinatore incappucciato la personificazione più ovvia dei rumori immaginari avvertiti di notte dalla donna, in realtà frutto della sua stessa inquietudine.
Rumore esalta questo contrasto emotivo in maniera pressoché perfetta, a partire dall’incalzare della batteria e del basso che si espande cupo e sinuoso tra le percussioni martellanti, fino alla struttura della canzone che vede esprimere nel ritornello le ansie e il rimorso dell’interprete per ciò che ha appena fatto (‘Sera, la paura / Io da sola non mi sento sicura, sicura, sicura mai’) e nelle strofe la presa di coscienza che la spinge a rimanere ferma sui suoi passi (‘Ma ritornare, ritornare perché? / Quand’ho deciso che facevo da me?’). Nella titanica estensione di quel pronome di prima persona singolare risuona il grido di vittoria e indipendenza di tutte le donne che, chiamate a votare il 12 e 13 maggio 1974, durante il referendum per l’abrogazione della legge sul divorzio, avevano contribuito a mantenere valido e inoppugnabile l’istituto rientrando nel 59,26% degli italiani che dissero ‘no’ alle rimostranze del Vaticano e della cattolicissima classe dirigente.
Raffaella o Donatella?
Tuttavia, se da una parte quella lunga estensione vocale suona pregna di significato in un’epoca in cui i movimenti femministi marciano per le strade e presenziano nelle piazze del Belpaese reclamando il diritto all’emancipazione, dall’altra diviene il fulcro di una contesa dal punto di vista squisitamente mediatico nel momento in cui la cantante che registrò Rumore prima della Carrà diffida la casa discografica di quest’ultima per utilizzo non autorizzato della propria incisione.
Parliamo di Donatella Moretti, artista umbra poco nota al grande pubblico che, per dovere di cronaca, fu la prima scelta degli autori di Rumore. Approcciata da Andrea Lo Vecchio, la Moretti aveva difatti registrato il brano sotto forma di provino con l’idea di presentarlo sul palco dell’undicesima edizione di Un Disco Per l’Estate, salvo poi rinunciare alla kermesse radiotelevisiva per motivi che non ci è dato conoscere. Lasciato il pezzo chiuso in un cassetto, a riaprirlo poco dopo saranno gli stessi autori per cedere la potenziale hit a Raffaella, attraverso l’estroso direttore artistico della CBS, Alfredo Cerruti, e l’allora compagno e pigmalione della showgirl, Gianni Boncompagni.
Come dichiarato in più interviste dalla Carrà, le volte in cui ha subodorato e presagito il successo di una canzone, tra le centinaia da lei pubblicate, si contano su una sola mano, e Rumore occupa il primo posto. Le bastò ascoltare la demo del pezzo (quella della Moretti) per convincersi a catapultarsi a Milano con Boncompagni nel giro di 24 ore e blindarsi in studio con l’orchestra diretta da Shapiro per inciderlo. Nonostante Raffa avesse confessato di aver sofferto di laringite al termine della sessione, per lo sforzo a cui aveva sottoposto le corde vocali per tre giorni di fila e nel tentativo di eguagliare le note alte del provino, nella versione finale del brano, proprio nel punto in cui la melodia raggiunge il suo acme (lungo ben otto battute), un riverbero di voci si accavalla e sovrappone lasciando perplessi i più.
La stampa di allora si esprimerà a favore della Moretti, sostenendo che la voce della cantante perugina fosse stata inclusa nella registrazione della Carrà come una sorta di booster volto a colmare e potenziare il refrain e, soprattutto, l’estensione finale di ‘Quando ho deciso che facevo da me’, là dove Raffaella viene meno per via delle sue consapevolmente limitate doti canore, mentre Shapiro e colleghi proveranno a smentire la cosa parlando di una corista non meglio identificata. Insomma, un caso à la Britney Spears/Myah Marie ante litteram sul quale Donatella in persona contribuirà a tenere accesa la luce quando, nel 2015, renderà pubblico il provino di Rumore da lei registrato prima della Carrà sul suo canale YouTube, lasciando decisamente poco spazio ai dubbi.
Le mille e una performance
Molteplici saranno le esibizioni di Rumore nel corso degli anni, tutte accomunate dall’energia prorompente della sua interprete. La primissima esecuzione del brano, avvenuta sul palco di Canzonissima, impallidirà dinnanzi alla carica erotica delle successive, a partire da quella (ancora in bianco e nero) che segnerà il debutto della Carrà sulla TV spagnola, nel marzo del 1975, passando per la seducente coreografia a metà strada tra una lezione di aerobica e un amplesso sessuale messa in scena sul palco di un varietà cileno (nel 1979, in piena dittatura), fino ad arrivare a quelle registrate per il costoso programma esterofilo Millemilioni, nel 1981, in un club londinese (dove la Carrà appare vestita in pelle con tanto di chiodo, body e reggicalze in bella mostra) e in una caverna vulcanica del Messico, negli eccentrici panni di una satanassa (o, per l’esattezza, in quelli di Bárbara, la protagonista di un film argentino omonimo, interpretata dalla Carrà nel 1980 con la regia di Gino Landi).
Nel 1991, durante l’ultima edizione di Fantastico condotta da Raffaella insieme a Johnny Dorelli, Rumore sarà riproposta in una nuova veste, remixata dal produttore veronese Sergio Dall’Ora sulla falsa riga dell’Hip House che all’epoca spopolava nelle classifiche (e campionando ufficiosamente le percussioni della megahit di Madonna, Vogue), con una performance rifinita nei minimi dettagli che mostrerà al grande pubblico la sempre più completa poliedricità artistica della Carrà, capace di smettere in un battibaleno le eleganti mise da gran signora del sabato sera, in abito lungo e dalla risata incontenibile, e trasformarsi in performer dal respiro internazionale, mattatrice e regina assoluta dell’intrattenimento televisivo.