Machweo intervista

Machweo: «Così ho ricostruito la club music anni ’90»




Musica da festa è il nuovo album di Machweo pubblicato lo scorso 15 gennaio su etichetta Flying Kids Records. Il progetto musicale di Machweo, nome d’arte di Giorgio Spedicato, classe 1992 e attualmente residente a Carpi, nasce nel 2012 e da allora ha portato a  due EP, un disco uscito nel 2013 e più di 100 date in giro per l’Italia. A PopSoap l’artista ha presentato Musica da festa, un viaggio attraverso 12 tracce che vogliono ricostruire la club culture degli anni ’90. Una sfida ambiziosa e complicata, dal momento che il giovane non ha vissuto direttamente quel periodo.

Machweo musica da festa
Machweo, cover dell’album “Musica da fes

Per chi ancora non ti conosce, da dove nasce il nome d’arte e che significato ha?
Machweo è un nome che scelsi ormai troppo tempo fa, vuol dire ‘tramonto’ in lingua swahili e le suggestioni che mi dava a quel tempo erano convincenti, ora non sono sicuro che siano ancora così forti, ma me lo tengo.

Musica da festa è un album-omaggio alla musica da club anni ’90 che per ragioni anagrafiche non hai vissuto. Da dove è scaturita allora questa necessità?
Ho compiuto un lavoro di onestà intellettuale sul mio passato, vengo dalla profonda provincia del sud Italia, certa musica era onnipresente. Ha inevitabilmente finito per influenzare i miei lavori anche quando ho cercato di compiere un’evoluzione stilistica importante, sai la forza delle melodie, la potenza emotiva… Mi sono detto che avrebbe avuto senso provarci e così è nata la base di Musica da festa.

Per i più, la musica anni ’90 è associata alla dance-trash: con questo lavoro vuoi in qualche modo far vedere l’altra faccia della medaglia e nobilitare quella decade?
Non è questione di nobilitare, non sono nessuno per farlo e per convincere chiunque altro che ci sia musica di serie A e di serie B. So per certo che questa musica è esistita e, per i più sfortunatamente, ha giocato un ruolo molto importante nel nostro Paese. Ho solo compiuto un lavoro di ricerca. Penso che tutta la musica abbia una dignità grosso modo e sì, penso che a questa musica venga conferito un ruolo sociale o ancora peggio politico che non le appartiene. Se l’avessi ritenuta un “errore” sicuramente non ci avrei lavorato. Sono troppo ottimista?

Come ti sei preparato per ricostruire qualcosa che non hai vissuto? So che ti sei servito anche dei racconti di chi ha vissuto quel periodo…
Il lavoro di ricerca è stato lungo, i racconti di chi ha vissuto quel periodo li ho ascoltati che ero troppo piccolo, ho solo cercato di strappare più ricordi possibili al riverbero di quegli anni che ancora ho dentro di me. La sostanza vera in realtà è internet, YouTube, forum datati, storie assurde di rave da film. È stata una ricostruzione creativa più che mnemonica.

Una volta terminato il lavoro, hai fatto ascoltare loro il risultato finale? Se sì, hanno trovato nel tuo disco un ritratto fedele di quel che avevano vissuto? E quali eventuali discrepanze hanno individuato?
Come ti dicevo queste persone non esistono veramente, o meglio sono esistite ma non so neanche dove si trovino in questo momento, né se mi conoscono e sicuramente io non conosco loro. Del resto non mi interessa, sono stati solo un utile input per mettere insieme i pezzi del puzzle.

Come ti sei avvicinato alla musica? Parli di noia come motore scatenante del tuo progetto…
Io e la musica abbiamo avuto sempre un rapporto di rispetto, quasi paura da parte mia e di grande ostilità da parte sua. Senza rovinarci nella retorica posso dirti che l’avvicinamento è stato graduale, ho sofferto molto che mi si giudicasse un cattivo musicista in passato (ma pure adesso), quindi non sono mai riuscito ad approcciarmi in maniera del tutto sicura a questa materia. La noia ha giocato un ruolo fondamentale all’inizio perché l’ho vissuta come un passatempo… “Prendiamo ‘sta chitarra, vediamo che fa”, “Vediamo come si registra ‘sta chitarra” o “Vediamo come faccio uscire quello che piace a me”. Sono stato autodidatta in tutto, solo recentemente ho intrapreso un percorso accademico legato alla musica. Piano piano faremo pace, credo.

Dopo aver studiato in modo scrupoloso la dance anni ’90, possiamo avere un tuo parere su quella attuale?
Non lo so, non sono un profondo conoscitore della musica dance attuale, non ho infiniti parametri su cui poggiarmi, soprattutto storicamente mi mancano dei pezzi e non esiste sufficiente distacco per essere obiettivi. Sicuramente il fatto che l’autopromozione e spesso l’autocelebrazione giochino un ruolo importante nella musica dance (ma in generale nella musica tutta) depone a sfavore della qualità finale di quello che scrivi, diventando un aspetto secondario. Ci si assomiglia, non ci sono idee vere, è una caccia all’oggetto più che all’arrangiamento, faccio fatica a dirti venti persone dotate di talento cristallino. È pieno di gente brava, è pieno di gente che copia molto bene, è pieno di gente che copia male e spesso spaccia idee altrui per proprie, capita, magari son cose che succedono in buona fede. Anche io copio, tutti lo fanno.

Chi ascolti oggi? Consiglia qualche nome che secondo te anche noi “popparoli” dovremmo conoscere e approfondire.
I Rainbow Island.

 

Emanuele Corbo




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