Si intitola Biglietto per Londra (Fonoprint/Artist First) il nuovo singolo di Jacopo Michelini prodotto da Davide Maggioni. Il cantautore bolognese, classe 1993, è stato scoperto da Fonoprint, lo storico studio di registrazione italiano da cui sono passati i più grandi artisti della storia della musica italiana. A PopSoap Jacopo ha presentato il brano, nato in un momento delicato in cui, arrivato a un bivio, ha dovuto scegliere quale strada percorrere. La soluzione? Una fuga temporanea dalle domande e la voglia di vivere con leggerezza.
Com’è nata Biglietto per Londra?
Avevo finito l’università e mi ritrovavo a dover fare una scelta: da una parte una passione incontrollata che chiedeva attenzione, impegno e dava poche certezze, la musica; dall’altra una strada più semplice e normale, continuare con l’università, inquadrarsi in un settore, trovare lavoro. L’una avrebbe escluso l’altra. Biglietto per Londra è nata così, come evasione temporanea da questa situazione, con spirito leggero ma allo stesso tempo malinconico, per mettere da parte tutti questi interrogativi e cantare la voglia di viaggiare e di vivere i vent’anni.
A fare da sfondo alla canzone c’è un contesto inadatto alle esigenze e agli obiettivi di un giovane: che cosa nello specifico secondo te non va in Italia?
Quello che a livello nazionale ci crea grosse problematiche, secondo me, è il diffuso disinteresse per la “cosa pubblica”. Penso sia culturalmente intrinseca nel nostro dna la tendenza a guardare solo le nostra quattro mura di casa e il nostro orticello. Questo a livello generale porta corruzione, clientelismo, raccomandazione, situazioni che a lungo andare affliggono un sistema economico e sociale. Data l’infinita bellezza di cui disponiamo credo che il nostro Paese debba investire nella cultura e nell’educazione alla cultura stessa per creare di conseguenza nuove opportunità.
Nonostante la tua giovane età hai già avuto modo di compiere qualche viaggio importante che ti è rimasto nel cuore?
Sono sempre rimasto affascinato dal clima e dalla vita di ogni città che ho visitato, ognuna per il suo modo di essere, prime fra tutte Berlino, Londra, Barcellona e Roma.
Per andare a Londra ora non ti servirà semplicemente un biglietto, ma proprio il passaporto… Hai già fatto qualche riflessione sui recenti fatti di attualità?
Penso di vivere la stessa situazione di molti cittadini europei, ovvero uno stato confusionale nell’attesa di capire cosa succederà davvero. Sono cresciuto con una visione estremamente cosmopolita di un mondo sempre più vicino e in contatto. Questo dietrofront mi preoccupa perché credo che il ritorno di molti Stati a nazionalismi e idee decisamente conservatrici sia viziato da una crisi economica che offusca la realtà e lascia spazio a tante parole. Il mondo intero vive in un sistema economico non sostenibile ed è il mondo intero a doversi impegnare per trovare una soluzione a partire dai suoi cittadini, evitando di fare stupide guerre ideologiche che rischiano di creare attriti peggiori. Chiudersi in se stessi, a mio parere, è un grande sbaglio.
Nel tuo singolo è contemplato anche il ritorno (“Ma l’istinto di tornare non si ferma”): che valore gli dai? È anche un modo per cercare di migliorare la propria esistenza “in casa” alla luce di quel che si è imparato fuori?
Ogni volta che sono stato lontano da casa, dalle vie in cui sono cresciuto, dai sapori che mi appartengono, ho sentito la mancanza di un riferimento preciso, di un’appartenenza. Vedo il ritorno come ricerca di quel microambiente, indipendente dal luogo e dalle condizioni esterne, nel quale creiamo la nostra pace e troviamo il nostro equilibrio.
Come hai iniziato a fare musica?
Quando avevo circa 5 anni i miei tirarono fuori una vecchia chitarra dal garage e mi iscrissero a un corso per chitarra classica. Quello è stato il primo approccio con la musica, ma piuttosto inconsapevole. Ho iniziato a percepire e mettere a fuoco quella che era la passione intorno agli 11/12 anni, durante la scuola media. Scelsi una classe a indirizzo musicale, in cui studiai clarinetto e chitarra. A 16 anni ricordo che un giorno mentre ero steso sul letto a suonare vennero fuori melodia e parole in maniera naturale; non ho più voluto abbandonare la magia di quel momento, anzi decisi di farne tesoro e prendermene cura il più possibile. Dopo la maturità iniziai l’università e in parallelo decisi di dedicarmi al mio progetto, alle mie canzoni. Il giorno in cui mi sono laureato ho deciso di occuparmi unicamente e in maniera sempre più professionale della musica.
Con che ascolti sei cresciuto?
Con i dischi che trovavo in casa, principalmente Lucio Battisti e i Pink Floyd. Poi c’era mio nonno, grandissimo appassionato di musica classica, che fin da piccolo ha cercato di educarmi all’ascolto di molte opere. Dai 12 anni ho attraversato la fase delle band, dai Nirvana agli Iron Maiden, Dream Theater, Green Day, Linkin Park, Blink 182, Sum 41. Poi una fase di scoperta del cantautorato italiano, da cui ancora oggi cerco di attingere: Rino Gaetano, Gino Paoli, Luigi Tenco, Ivano Fossati, Francesco De Gregori, Giorgio Gaber. Oggi ascolto un po’ di tutto e da ogni genere cerco di prendere spunto.
Stai lavorando a un disco?
Sì, sono in studio in questo periodo, sto lavorando a un disco che possa far vedere ogni mio lato, da quello leggero e spensierato di Biglietto per Londra a quello più intimo, malinconico e profondo di altre canzoni.
Di seguito il video di Biglietto per Londra, diretto e realizzato da Fabio Bozzetto con la collaborazione di Diego Zucchi.
Photo Credit: Federico Sanavio