Da tempo qualcosa aleggiava nell’aria: non si sapeva bene quando, ma gli indizi disseminati su Twitter, Facebook e Instagram da parte della diretta interessata e di alcuni insiders non lasciavano adito a dubbi; e così, più prima che poi, lo scorso venerdì 11 Settembre la piccola e generosa Kylie Minogue ha colto in contropiede, per l’ennesima volta, la schiera più accanita dei suoi fans mettendo in vendita, digitalmente, un nuovo assaggio dall’ancora nebuloso progetto indie Kylie + Garibay. Un assaggio, appunto, perché primo capitolo di un intero album sperimentale, pronto da diversi mesi e plausibilmente dilazionato in EP, che la principessa del pop ha in serbo per i suoi Lovers.
Kylie + Garibay è una release indipendente, interamente finanziata dalla Minogue tramite la sua Darenote, compagnia privata fondata nel 1997 con cui la cantante ha più volte sovvenzionato la produzione di diverse uscite musicali laddove si è vista negare, per disaccordi interni e divergenza di opinioni, un adeguato contributo economico da parte della casa discografica a cui è stata vincolata dal 2000 al 2014, la Parlophone Records.
Dopo 6 studio album e tre compilation, la diva australiana ha infatti pensato bene di non rinnovare il contratto con la major (la Parlophone è attualmente una divisione della Warner), ma di usarla come distributore occasionale, come in questo caso, decidendo inoltre di gestirsi temporaneamente da sola, supportata dalla sporadica consulenza di Alli Main, manager proveniente dalla vecchia scuderia di Terry Blamey (agente storico di Kylie dal 1989 al 2013).
Premonitrici di questo imminente cambio di rotta erano già state quattro tracce apparse on line a Settembre 2014 (regalate ai fans esclusivamente tramite SoundCloud), che la popstar aveva coscritto e provinato un anno e mezzo prima in studio con Amanda Warner del duo MNDR e Fernando Garibay (giovane produttore californiano, responsabile di molte delle hit di Lady Gaga), prima che venissero scartate da Kiss Me Once, ultimo disco della cantante rivelatosi un fiasco in termini di vendite, pubblicato sotto l’ala non tanto protettiva del management americano Roc Nation, proprietà del rapper Jay Z.
Le canzoni scartate e rivisitate all’epoca si intitolano Glow, Wait, Break This Heartbreak e Chasing Ghosts, e le prime tre vengono usate come colonna sonora per Sleepwalker, un cortometraggio dai temi fiabeschi, girato in collaborazione con il brand di intimo Sloggi, proiettato prima di ogni concerto del recente Kiss Me Once Tour.
Con il passare dei mesi, nuove sessioni e nuove tracce si sono aggiunte a quelle precedenti, e da semplice capriccio provocatorio Kylie + Garibay è diventato un vero e proprio album.
A distanza di un anno esatto da Sleepwalker, senza alcun comunicato ufficiale di preavviso, Kylie ha così servito un nuovo appetizer dal progetto alternativo, cedendo al fascino della ´surprise release´ (amatissima anche da Beyoncé e Madonna per motivi diametralmente opposti).
Gli inediti inclusi nel nuovo EP sono: Black And White, If I Can’t Have You e Your Body. Tutti e tre vantano la firma della Minogue come coautrice e includono un featuring.
Ecco cosa ne pensiamo a caldo:
Black And White (featuring Shaggy)
Apre la triade un brano dancey e solare, il meno audace, intervallato da un paio di parentesi urban inflected per nulla necessarie, ma comunque orecchiabili, che lasciano ampio spazio al rapper giamaicano Shaggy (Mr Lova Lova, anyone?). Nonostante la voce anneghi nel mix, dominata dalla prominenza della base e dalla compressione distorta del drum beat, il ritornello in puro stile ´Smiley Kylie´ (complici l’elevata dose di glucosio nella melodia e l’ormai distintiva impronta camp che tinge di rosa gran parte del repertorio della popstar) ci rende piacevole il risultato finale.
Momento degno di nota? L’outro del brano: un’esplosione di tastiere elettroniche 90’s in cui il ritmo cambia, guadagna velocità e viene incalzato da percussioni big room.
Black And White è il primo singolo estratto dall’EP: ad accompagnarlo è uno speciale videoclip, diretto dalla fotografa Katerina Jebb, che ritrae una Kylie al naturale, dedita a frivolezze e momenti scherzosi di vita privata filmati amatorialmente su pellicola old school, con tanto di frame sgranati e alternanza di bianco e nero e seppia (come la regola indie prevede).
If I Can’t Have You (featuring Sam Sparro)
Era dai tempi dell’album Kylie Minogue (1994) e del singolo promozionale Butterfly (2000) che la popstar non amoreggiava con la deep house pura e incontaminata degli anni ’90. Forte del boom che questo genere ha provocato negli ultimi mesi, a tal punto da diventare virale nel contesto mainstream e dare vita a un vero e proprio revival, If I Can’t Have You è un approccio tardivo al sound più radio friendly del momento, in duetto con Sam Sparro (in tanti ricorderanno la sua Black And Gold del 2008). La postproduzione applicata sulla voce di Sparro è notevole; se non fosse che il suo nome compare nel titolo a stento lo si riconoscerebbe. Kylie invece suona limpida, cristallina, sposa egregiamente questo tipo di musica.
Durante le strofe (una a testa), la base è spoglia: guidano il cantato solamente degli schiocchi di dita campionati e la placidità del groove, almeno fino a quando non subentra il ritornello e la 90’s fever ha modo di palesare tutta la sua nostalgia.
Your Body (featuring Giorgio Moroder)
Sonorità cupe illuminate dal glitter dell’electro/pop onirico degli anni ’80 accolgono la voce nasale di Kylie e la lasciano delicatamente scivolare lungo questo che rappresenta l’ultimo numero dal mini EP. Una languida dichiarazione d’amore, recitata dal pionere della disco music Giorgio Moroder in un italiano dalla cadenza (volutamente?) americana, introduce la prima strofa della canzone, a sua volta seguita da un crescendo di sintetizzatori ammalianti e archi velati di intrigo. Non c’è un ritornello propriamente detto, solo un refrain robotico che scandisce delle sillabe e il titolo della canzone in loop, alterato con il vocoder. La produzione non è opulenta, per quanto evocativa. Consiste di pochi elementi sapientemente amalgamati, di suoni minimali quasi sempre molto asciutti e di un mixing che tende a non privilegiare i bassi. Scelte e peculiarità tipiche di Garibay.
Un delizioso (quanto breve) giro di chitarra impreziosisce il finale del pezzo in fade out, mentre nei crediti di scrittura compaiono nomi inaspettati come il leader dei Wolf Gang Max McElligott e Gary Go.
Sostanzialmente, siamo dell’idea che questo nuovo lavoro, benché godibilissimo, pecchi ancora troppo di safeness e sia di fatto poco indie nei contenuti, ma la decisione di autofinanziarlo e creare musica senza limiti e direzioni imposte è da riconoscere e apprezzare a prescindere, specie nei riguardi di un’artista, e di una donna, che dall’alto dei suoi 28 anni di carriera ostenta ancora un’indomita tenacia nel contrastare (nei limiti del contrastabile) il monopolio delle grandi label e l’influenza dispotica degli esecutivi.
Con un promettente debutto alla #25 nelle midweeks della chart britannica, Kylie + Garibay è attualmente acquistabile su iTunes e, per gli audiofili in cerca di formati lossless, su 7Digital.
More to come!
2 commenti su “La Minogue lancia a sorpresa l’EP “Kylie + Garibay””