Canotta grigia, shorts di jeans e un caloroso “Ciao!”. Così si presenta Cécile Cassel all’incontro milanese per parlare del disco di debutto My Name Is, in uscita a luglio su etichetta Warner Music. 32 anni, nata a Parigi, attrice e sorella di Vincent Cassel – giusto per sottolineare che la bellezza è un vizio di famiglia – Cécile ha deciso di avventurarsi nel mondo delle sette note con il nome d’arte HollySiz. Per l’occasione ha reinventato il suo look e, da fan dei Blondie, ha sfoggiato una tinta biondo platino e labbra rosso fuoco, caratteristiche che lo scorso 23 giugno l’artista ha proposto anche ai Magazzini Generali di Milano per il party MashTru, un incontro tra moda e musica in cui la voce rock di HollySiz ha accompagnato la collezione Tru Trussardi uomo e donna primavera-estate 2015. A PopSoap ha raccontato, con entusiasmo e senza lesinare le parole, questa nuova fase del suo percorso artistico.
Che significato ha il nome HollySiz?
HollySiz è un mix tra due nomi. Siz è stato il mio nickname per molto tempo, i miei amici mi chiamavano così. Viene da sizzle (che in italiano suona più o meno come ‘suono fastidioso’, ndr) perché da bambina parlavo tanto. Holly invece è il personaggio interpretato da Sissy Spacek in Badlands: una donna che deve scegliere se restare nel villaggio con il padre per tutta la vita e magari sposare suo cugino o scappare con il bad boy di turno. Non che mi sia trovata in situazioni simili ma la musica mi ha messa davanti a un bivio, e io ho deciso di prendere la via che non era stata tracciata per me.
È il tuo alter ego musicale?
Non esattamente. All’inizio cercavo un nome da supereroe perché avevo bisogno di un superpotere per andare sul palco a cantare. HollySiz era un modo per indossare una maschera e diventare un’eroina, ora invece è la parte più spontanea di me perché questo album è così personale che mi rappresenta meglio di qualsiasi altra cosa.
Il tuo disco è perfetto per riempire il dancefloor ma lascia spazio anche alla malinconia. Questo binomio riflette le tue due anime?
Sì ed è un messaggio che viene suggerito già dalla copertina, dove c’è la mia figura e dietro l’ombra. Simboleggia la duplicità di questo disco e quella di ognuno di noi.
Com’è nato My Name Is?
Ho iniziato a scrivere canzoni diversi anni fa ma non immaginavo che sarebbero diventate un album. Non sapevo se qualcuno le avrebbe mai ascoltate, ma sentivo il bisogno di esprimermi. Poi ho conosciuto Yodelice (cantautore francese, ndr) che ha ascoltato alcune mie tracce e mi ha aiutato a renderle più professionali con un lavoro in studio. Mi ha chiesto se volessi aprire i suoi concerti e a quel punto la cosa si è fatta seria: 4 anni fa ho deciso di credere in questo progetto e negli ultimi 2 mi sono totalmente dedicata alla musica.
A chi ti sei ispirata per comporre i brani?
Per la composizione non ho fatto riferimento a nessuno, sono autodidatta e non ho la tecnica necessaria per rifarmi a qualcuno in particolare. Per quel che riguarda il sound invece sono stata profondamente ispirata dal mio idolo Michael Jackson che ha fatto nascere in me la voglia di ballare e fare video musicali. La sua musica è un insieme di diverse influenze: Dirty Diana sembra un pezzo rock e io volevo trasmettere esattamente quel tipo di energia.
Infatti nel video di Come back to me balli come una pazza…
Ho lavorato con un coreografo e per la breve sequenza di tip tap che si vede ho dovuto studiare 5 volte a settimana per 3 mesi! L’idea era di realizzare qualcosa che trasmettesse energia e positività. A tutti i miei amici coinvolti nel video ho detto: “Dovete ballare come se fossero le 4 del mattino”. Abbiamo girato a mezzanotte ed erano tutti ubriachi perché continuavamo a dare loro champagne per caricarli: ecco come mai sono entrati così bene nella parte! Dopo ogni take il coreografo mi chiedeva di eseguire gli stessi passi, ma come li avrei fatti io in discoteca (a questo punto accenna movenze molto buffe, ndr).
C’è una canzone del disco a cui ti senti più legata al momento?
The light perché è l’unico brano positivo, gli altri hanno sempre una componente malinconica. Questo invece è un invito a credere in noi stessi e nella luce che abbiamo dentro; nelle vesti di HollySiz ho bisogno di farlo io per prima.
Sei reduce da un tour di successo, cosa hai provato la prima volta che sei salita sul palco?
Pensavo che sarei morta. All’inizio mi tremava la voce, poi mi sono detta: “Ok ormai sono qui, cerchiamo di rendere questo palco la mia casa, sarà più facile!”. Ero davvero terrorizzata e lo sono tuttora, ma in modo diverso. C’è sempre quel piccolo momento prima di salire sul palco in cui non sai se riuscirai a fare il “salto”. Non è affatto naturale entrare in scena e cantare i tuoi brani davanti alla gente, non ti ci puoi abituare, è impossibile.
Quali sono le differenze tra la vita da cantante e quella da attrice?
Le differenze si vedono quando devi cantare alle 7 del mattino in radio anche con la voce da “travone”! L’attrice ha 2 ore di make up, il tempo di rilassarsi e quando è pronta inizia a recitare. Nel cinema sei parte della storia di qualcun altro, questa invece è la mia storia: ho deciso, scritto e prodotto tutto io da vera maniaca del controllo. Sono il boss (ride atteggiandosi in maniera divertente, ndr).
Difficile credere che una donna del genere non riceva attenzioni dagli uomini, come canti in Tricky Game.
È un brano che ho scritto dopo aver parlato con alcune amiche che si lamentavano del fatto che i propri partner non le guardassero più come all’inizio, cosa che purtroppo accade spesso. Voleva essere una canzone rock per urlare: “Sono qui, guardami!”. Dopo aver girato il video mi sono resa conto che, inconsciamente, il brano parlava anche di me. In genere il mio nome viene automaticamente associato alla mia famiglia, quindi è come se dicessi: “Hey esisto anch’io e posso fare qualcosa da sola”. Questo disco mi sta dando l’occasione fantastica di viaggiare in altre nazioni e parlare del mio progetto. È un sogno diventato realtà.
Photo Credit: Dimitri Coste