Su di lui hanno puntato persino Takagi & Ketra che lo hanno scelto come primo artista della loro etichetta PLTNM Squad, e il singolo Vodkatonic, già disponibile su tutte le piattaforme digitali, è un inno generazionale alla discoteca e al divertimento, visto dagli occhi di chi la vive in prima linea, con un risvolto amaro e crudo. Lui è Enne e in questa intervista ci parla del suo progetto musicale, del disagio che spesso impera in discoteca e del posto che vuole ritagliarsi nella scena italiana.
Chi è Enne?
Sono Nicola Togni, un ragazzo di 24 anni di Bergamo. Il mio progetto musicale è nato a giugno 2017, e ha chiari richiami agli anni ‘80 e ‘90 e all’elettronica.
Come ti sei avvicnato alle sonorità anni ’80 visto che non le hai vissute in prima persona?
Ho sempre avuto una certa nostalgia dei tempi mai vissuti, ho ascoltato tanta musica e frequentato l’ambiente indipendente fin da piccolino. Vengo da ascolti più rock e post rock però ho sempre amato molto anche il synth pop e l’elettronica. Nella primavera 2017 a casa del mio amico e produttore, Federico Laini, una sera che ero sbronzo di vodka tonic ho scritto una canzone e da lì abbiamo deciso di continuare perché ci era piaciuto il risultato. Queste sonorità già mi piacevano ma ho sentito la necessità di cantarci sopra in italiano perché pur essendoci tanti progetti che si rifanno agli anni ’80 italiani, secondo me – dai tempi della Italo disco – manca un sound che deriva da questa ondata con influenze dalla French Touch.
Hai dichiarato di voler scardinare il movimento indie pop italiano partendo dal suo interno. Che cosa va cambiato secondo te?
È un po’ una provocazione: trovo che negli ultimi anni, soprattutto dal grande clamore avuto dall’ItPop con esempi positivi come Cosmo e Calcutta, ci sia la tenenza a copiare pedissequamente questi artisti ed è una scelta sbagliata: ognuno deve trovare la propria strada. Io voglio cercare di capire quale può essere un posto per me in un contesto così saturo cercando qualcosa che mi renda riconoscibile.
Parliamo allora di Vodkatonic, com’è nata?
Io e il mio produttore beviamo solo vodka tonic, e tutto il progetto Enne è partito con una canzone, Al centro di una guerra, il mio secondo singolo autoprodotto, scritto una sera che ne avevamo bevuto troppo. In seguito abbiamo deciso di dedicare una canzone alla nascita del progetto Enne e quindi abbiamo realizzato questa canzone parlando di un ambiente che mi è molto vicino, ovvero la discoteca.
Tu sei un frequentatore di discoteche?
Sì, ho sempre frequentato specie i club underground perché suono, ho fatto il dj, e ho voluto parlare di questo tema con un taglio amaro e critico. Vivendo l’ambiente ho realizzato che il concetto stesso di andare in discoteca è un po’ uno ‘status quo’, ho sempre precepito un contrasto tra il divertimento e il totale isolamento rispetto al contesto. Quando vai in discoteca ci vai per divertirti ma poi spesso ti ritrovi in sala fumatori a ‘scrollare’ Instagram, a guardare le story degli altri e a vivere per assurdo una situazione di disagio interiore.
Sulla cover del singolo c’è una mano ingessata, perché?
Poco prima dell’uscita il mio produttore ha fatto un incidente in moto e si è rotto una caviglia e la mano sinistra, quindi abbiamo deciso di dedicargli la copertina fotografando la sua mano ingessata con in mano il cocktail, il che ha un richiamo estetico molto vicino al significato del pezzo, si può interpretare come: ‘sono rotto ma vado in discoteca lo stesso perché ho voglia di sfogarmi’, ma anche ‘vado in discoteca e mi diverto così tanto che mi faccio male’.
Come è avvenuto l’incontro con Takagi & Ketra?
Il loro interesse per il mio progetto è iniziato in primavera 2018, quando hanno sentito alcuni miei brani tra cui il provino di Vodkatonic e hanno deciso di lavorare su un percorso di lungo periodo.
Ti senti investito di una certa responsabilità?
Da un certo punto di vista anche solo entrare nel loro studio è un’esperienza, ti immagini le persone passate da lì negli ultimi 2-3 anni e pensi: “Oddio adesso devo per forza fare un disco di platino”, poi hanno deciso di chiamare l’etichetta PLTNM SQUAD quindi ti senti costretto ad avere successo (ride, ndr). La verità è che sono molto tranquilli e mi sono trovato subito a mio agio: mi piace vedere questo ambiente come laboratorio artigianale della musica pop italiana, c’è un modo di lavorare molto naturale e spontaneo. Non si cerca la hit, si lavora per fare bei pezzi, se poi funzionano, bene…
Oltre alla musica mi pare di capire che tu abbia la passione per le serie tv…
Sì, ne guardo tante, sono sempre attento alle novità. Amo anche gli anime, e il mio prossimo singolo avrà a che fare con quel mondo. Ho una vita parallela che poi dovrebbe essere quella principale: sto finendo il mio percorso di studi, sono al quinto anno di ingegneria, e ho sempre avuto una passione per tutto ciò che è digital. Mi piace pensare al mio progetto come qualcosa di multidisciplinare: c’è musica, testo, parte estetica e di comunicazione che ritengo estremamente importante soprattutto di questi tempi.
Emanuele Corbo