Damien McFly intervista

Damien McFly: «Dopo l’Inghilterra voglio conquistare la mia Italia»

Verrà pubblicato il 15 ottobre Parallel Mirrors (Ferrari Records), il primo album di inediti di Damien McFly anticipato dal singolo New Start. Damien, nome d’arte di Damiano Ferrari, è un eclettico musicista padovano che ha costruito il suo sound riarrangiando in chiave folk successi contemporanei della scena pop. Forte degli oltre 2 milioni di visualizzazioni per i videoclip caricati sul suo canale YouTube, l’artista ha collezionato più di 200 concerti in un anno, ottenendo un ottimo riscontro soprattutto all’estero. Un tour che lo ha portato dapprima negli Stati Uniti (si è esibito a Nashville, Indianapolis e Chicago), poi in Europa con show ad Amsterdam, Parigi, Bruxelles e Francoforte, fino al recente successo della tranche inglese che lo ha visto calcare anche i palchi del Carfest e – unico continentale tra gli artisti UK – dell’Hard Rock Festival di Edimburgo. A PopSoap Damien McFly ha presentato il suo progetto discografico, pubblicato a settembre in UK, con il quale tenterà di conquistare un posto al sole anche in patria.

Damien McFly Parallel Mirrors
Damien McFly, cover dell’album “Parallel Mirrors”

Com’è nata questa immagine dell’umanità vista come tanti specchi paralleli?
Ho passato mesi a cercare il nome perfetto per il disco. C’è un brano in particolare che mi ha fatto arrivare a queste due parole, ed è Reflection. L’ho scritto dopo aver ricevuto una mail di una ragazza americana che si era specchiata nel mio modo di cantare una cover di Avicii, Hey Brother. Da quello che ha scritto sembrava veramente che attraverso la musica fosse riuscita a conoscermi senza avermi mai incontrato prima. Da lì ho cominciato a realizzare che a volte ci basta vedere la nostra immagine riflessa in qualcun altro per arrivare a conoscere meglio noi stessi.

Dal titolo sembra di capire che dai più importanza a questo specchiarsi vicendevole più che alla ‘fusione’ delle immagini. Credi che il momento dell’incontro tolga parte di quella magia derivante dall’osservazione ‘parallela’ e a distanza?
È come se in questi specchi si riuscisse a vedere sia l’altra persona che il riflesso del nostro io. La vera fusione avviene nel momento in cui dopo essersi conosciuti gli specchi assorbono uno l’immagine dell’altro.

Hai dichiarato che il singolo New Start parla di un riavvicinamento con una nuova consapevolezza e che l’hai scritto quando stavi ricominciando musicalmente. Si tratta allora di un riavvicinamento con te stesso?
L’ho scritto in un periodo in cui avevo bisogno di ripartire ma ero ancora bloccato a livello artistico e non sentivo la piena libertà espressiva. Così ho immaginato una storia che dopo un periodo di allontanamento ripartiva con una nuova consapevolezza, pronta a non sbagliare. Direi che si tratta di un riavvicinamento con me stesso a livello artistico.

È da questo che è scaturita l’esigenza di una nuova identità con il nome d’arte Damien McFly? In che cosa Damien è diverso da Damiano Ferrari?
In quel periodo avevo un duo con un violinista ed eravamo ‘I fratelli McFly’. Non volevo tagliare nettamente con il passato, allora ho tenuto il McFly. Damien McFly è la mia musica, è la parte meno timida e allo stesso tempo più artistica e coraggiosa di me. Damiano Ferrari vive di quotidianità e desideri che con Damien si concretizzano.

Da Padova ai palchi europei: come sei arrivato a questo traguardo?
Mi è sempre piaciuto arrangiarmi e provare a lanciare sassi molto lontano. Sono partito in piccolo con alcuni concerti dai quali qualcuno è rimasto colpito, e poi piano piano ho conosciuto altri artisti e promoter in giro per l’Europa.

Per registrare il disco però sei tornato nella tua terra, in ville e teatri veneti: che cosa ti hanno dato a livello sonoro?
Essendo io anche un tecnico del suono volevo provare qualcosa di diverso. Una volta arrangiati i brani mi sono detto: “Perché non portarli in ambienti dove una chitarra possa risuonare su soffitti e mura invece di venire assorbita da pannelli trattati acusticamente?”. Infatti durante le registrazioni la voce suonava molto più forte e completa: l’acustica, specialmente nel folk, gioca un ruolo fondamentale. New Start invece è stata registrata a pochi metri dalla tomba di Gaspare Pacchierotti, uno dei più grandi cantanti d’opera del XVIII secolo.

In un periodo in cui dilaga l’elettronica tu hai realizzato un disco dal sound grezzo, scarno e spesso molto incentrato sulla chitarra acustica. Una scelta coraggiosa, non trovi?
Mi piace pensare che alle persone arrivi prima qualcosa che non passi per uno strumento elettronico. Non disprezzo i synth e l’elaborazione al computer ma credo non siano il mezzo adatto a veicolare la mia musica.

E l’amore per il folk da dove è nato?
Dopo anni di concerti acustici senza classificare quello che scrivevo sono giunto alla conclusione che il genere più vicino a quello che stavo creando fosse il folk. Negli ultimi anni mi è capitato di conoscere musicisti con strumenti adatti a proporre un sound folk ma moderno e da lì ho provato a creare il mio suono.

La scelta di partire prima dall’estero e puntare solo in un secondo momento all’Italia è dovuta al fatto che il tuo genere musicale trova terreno più fertile fuori dai confini nazionali?
Nonostante io in Italia abbia sempre suonato dal vivo ho tentato una via discografica in Inghilterra per mettermi alla prova. Non trovo giusto riproporre qui un genere che nasce all’estero senza avere l’approvazione del pubblico che ogni giorno respira quel sound.

E ora è arrivato il momento di farti conoscere anche in patria?
Direi proprio di sì. Penso di aver maturato l’esperienza necessaria per provare a proporre la mia musica anche in Italia.

 

Emanuele Corbo

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