Esce domani martedì 20 maggio Buongiorno L.A., il nuovo album di Raige, il primo su etichetta Warner Music. Il rapper torinese, al secolo Alex Andrea Vella, non è un esordiente: da dieci anni con i OneMic domina la scena hip hop italiana, alternando dal 2006 lavori come solista. Il precedente disco Addio (2012) aveva debuttato al primo posto della classifica di iTunes ed era stato inserito da Panorama nella top 10 dei migliori album dell’anno. Raige ha presentato a PopSoap la sua quarta fatica discografica, tra rime che prendono di mira il suo stesso genere musicale (“Il problema del rap italiano è il rap italiano” canta in un brano), i tormentoni di Bastianich di Masterchef, una dedica ai suoi fratelli e un pacchetto di tarallini che tra una risposta e l’altra sgranocchia con gusto: «Perdonami sono sveglio dalle 6 e sto morendo di fame!» si giustifica.
Con Buongiorno L.A. sei tornato più arrabbiato e disilluso, cos’è successo in questi due anni?
Il mio precedente album Addio era uscito per un’etichetta indipendente italiana con cui ho avuto dei problemi e che mi ha tenuto fermo per un anno. Questo stop forzato di sicuro non ha fatto bene al mio stato d’animo, la musica invece non ne ha risentito. Come dice Chuck Palahniuk: “L’arte non nasce mai dalla felicità”. Io credo che la musica riesca a tendere una mano alle persone nei momenti di difficoltà, a me è successo con i miei artisti preferiti quindi do per scontato che succeda anche agli altri.
Da qui infatti il brano che apre il disco La città è buia, in cui parli del tuo risveglio artistico.
Sì, e che non bisogna farsi buttare giù dagli eventi negativi. Quando scrivo tendo a essere sempre il più trasversale possibile: non mi concentro sul fatto specifico, ma sull’emozione che deriva da quell’esperienza in modo che ognuno di noi la possa legare al proprio vissuto. In questo senso La città è buia fa un buon lavoro perché spiega che ci si può rialzare… I believe I can fly!
Per uscire da quella situazione hai fatto delle scelte, come il nuovo percorso con Warner Music.
Vista da fuori può sembrare una cosa fatta a cuor leggero, in realtà non lo è. Si tratta della mia prima esperienza con un’etichetta importante e ho avuto la fortuna di incontrare persone che sanno lavorare molto bene e con cui mi sono trovato anche a livello umano. Non a tutti capita così, penso di essere una mosca bianca in questo. Come ogni decisione della vita, anche firmare per una multinazionale è una scelta importante di cui bisogna prendersi la responsabilità.
Nei brani di Buongiorno L.A. parli di famiglia, amore, del superare i propri limiti e migliorarsi: qual è il filo rosso che lega tutto quanto?
A livello testuale sono io il minimo comun denominatore. Il rap è un genere molto autobiografico, per cui scrivo quello che vivo. Sullo sfondo c’è il romanzo di James Frey, Buongiorno Los Angeles appunto, in cui si spiega che il talento non basta per raggiungere i propri scopi ma serve dell’altro: per me è la determinazione, che si percepisce all’interno dei pezzi come una componente importante dei testi.
E poi in R.A.I.G.E. c’è la questione del rap italiano, fermo secondo te da diversi anni. Quali strade si dovrebbero percorrere per uscire da questo stallo?
Non penso sia fermo musicalmente parlando, però mi riferisco a un certo tipo di rap, quello mainstream. A parte pochi esponenti che appartengono ad una generazione più grande della mia, gli altri – sebbene con forme nuove – tendono a riciclare qualcosa che c’è già stato. Il ragazzino si immedesima di più semplicemente perché chi gli parla ha un’età simile alla sua, questo per il fatto che il nostro bacino d’utenza è un po’ limitato ai teen. Per uscire da un simile stallo bisogna fare delle scelte coraggiose e andare controtendenza.
La traccia Joe Bastianich segna il confine tra il tuo esordio con Tora-Ki e oggi: prima era puro divertimento, ora che cos’è per te il rap?
È puro divertimento ma è anche un lavoro, perché con questo ci pago l’affitto, le bollette, il bollo ecc… (ride, ndr).
Come mai la scelta di Fuori dal paradiso come singolo apripista del nuovo album? In che misura è specchio dell’intero lavoro?
È specchio del disco a livello musicale perché comprende un po’ di tutto: il rap molto fitto, scritto in maniera tecnicamente poco accessibile, ma allo stesso tempo il cantato e l’easy listening. Il suono, che si ritrova anche nel resto dell’album, è fresco, per certi versi innovativo e si rifà a quello che io e il mio direttore artistico Stefano Breda, in arte Mastermaind, ascoltiamo e amiamo a livello di rap oltreoceano, con un occhio rivolto anche alla Francia. Fuori dal paradiso è stato scelto come primo singolo perché è piaciuto a me e all’intera squadra fin dall’inizio: ci abbiamo creduto e continuiamo a farlo tuttora. Pensiamo sia un pezzo che possa mettere tutti d’accordo a partire dagli amanti più estremisti dell’hip hop, essendoci del gran rap; ciononostante il ritornello ha una melodia facile che secondo me funziona.
In Domani è un altro giorno hai ospitato Simona Molinari: cosa succede quando rap e jazz si incontrano?
Sono molto soddisfatto di com’è venuto il pezzo. Il tappeto musicale è stato fatto su misura per lei; è stato tutto suonato, poi tagliato e trattato come se fosse un campionamento, questo per dare un sapore un po’ vintage al tutto. Lei è fantastica e credo molto in questo brano. L’ho scritto per una persona a me vicina, una donna, e chi meglio di una donna come lei poteva cantare il ritornello? Ha una bellissima voce e una grande sensibilità artistica, mi sono trovato davvero bene, anche se abbiamo lavorato a distanza perché era impegnata con le prove del musical Jesus Christ Superstar. Non vedo l’ora di incontrarla!
Nessuno e Atlante vedono invece la partecipazione degli altri componenti dei OneMic. Ti viene naturale coinvolgerli anche in progetti tuoi?
È normale per me chiamarli nei miei dischi come loro fanno con me. Lavoriamo insieme da tanto tempo e abbiamo scoperto insieme l’amore per il rap, è un processo del tutto naturale. Con Rayden ci vediamo meno per motivi logistici, dato che adesso sono a Milano spesso e volentieri; con Jari (il rapper Ensi, ndr), che poi è mio fratello, alla base del nostro rapporto c’è una sana competizione in ogni cosa, sin da quando eravamo ragazzini. Nella musica ciò comporta il fatto che ognuno di noi tenda a dare il meglio di sé. Con una punta di arroganza dico che quando collaboriamo facciamo sempre un passo avanti, e secondo me Atlante è una delle cose più belle che abbiamo mai realizzato sia insieme che da solisti, e questo vale sia per me che per lui, ne sono pienamente convinto.
Se guardi il tuo percorso artistico dagli inizi ad oggi, come pensi di essere cresciuto con questo disco rispetto ai precedenti e a che punto è la tua evoluzione musicale?
Non saprei dirtelo, perché in realtà io non vedo un’evoluzione musicale che non sia frutto di un’evoluzione come essere umano. Nel corso del tempo la nostra sensibilità resta la stessa ma cambiano le cose che la smuovono: nel mio caso io sono partito adorando il rap di un certo tipo, quindi una musica essenzialmente autocelebrativa, ma c’è da dire anche che in quel periodo c’era solo quello. Quando hai la fortuna di fare questo lavoro impari che devi essere una spugna e catturare quello che hai intorno: questo poi si riflette inevitabilmente sul tuo modo di fare musica.
Raige incontrerà i fan negli instore delle principali città italiane: 20 maggio a Grugliasco (To) a Le Gru Games Stop – Via Cirea, 10 (h. 16.30), il 21 maggio a Milano al Games Stop di Corso XXII Marzo, 11 (h. 16.30); il 22 maggio a Genova al Games Stop Fiumara – Via Operai (h. 16.30), il 23 maggio a Pontecagnasco (Sa) al Games Stop Maxi Mall – Via Pacinotti (h. 16.30), il 4 giugno a Varese a La Casa Del Disco – Piazza Podestà (h. 16.30).
Photo Credit: Ufficio Stampa
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