Quest’estate hanno trionfato nella sezione “Giovani” del Coca Cola Summer Festival con il brano Riderò che li ha imposti all’attenzione di pubblico e critica. Loro sono i Santa Margaret, band milanese nata dall’incontro tra la cantautrice Angelica Schiatti e il chitarrista de Le Vibrazioni, Stefano Verderi, a cui si sono aggiunti Leonardo Angelicchio (tastiere), Ivo Barbieri (basso) e Marco Cucuzzella (batteria). Dopo un paio di altri singoli, lo scorso 30 ottobre è stato pubblicato per Carosello Records l’EP di debutto Il suono analogico cova la sua vendetta Vol.1: 5 brani registrati completamente in analogico, ovvero su nastro a 24 tracce come si faceva fino ai primi anni ’90, alle Officine Meccaniche di Milano. Il lavoro è disponibile solo in vinile, in streaming e in free digital download (al link http://www.santamargaret.com/download/2281). A PopSoap Angelica e Stefano hanno presentato l’EP tra ricordi e aneddoti della sala prove, e una speranza per l’immediato futuro: calcare il palco di Sanremo. Il 9 dicembre infatti sapremo se il loro brano Voglio urlare i miei sogni sarà in gara tra i “Giovani”.
Da dove viene il nome Santa Margaret?
Angelica: Abbiamo scelto questo nome per distinguerci dalle band solo maschili e per sottolineare la quota rosa all’interno del gruppo. E poi, dato che ci piacerebbe portare la nostra musica pure all’estero, volevamo un nome che potesse essere pronunciato in tutte le lingue. Santa Margaret è anche una piccola isola che non c’è, un luogo a sud del mondo dove abbiamo trovato il nostro sound e le nostre canzoni.
L’EP ha un titolo poco convenzionale per un lavoro di presentazione, come ci siete arrivati?
A: Nell’epoca dei tweet da 140 caratteri Il suono analogico cova la sua vendetta Vol.1 è proprio anti hashtag in effetti. Una volta scoperta la tecnologia digitale tutto quel che era analogico è stato buttato via, un sacco di studi di registrazione storici hanno iniziato il loro declino. Ora invece l’analogico sta ritornando, covando la sua vendetta nei confronti del digitale che nel frattempo ha mostrato i suoi pregi ma anche i suoi difetti.
Tipo?
A: Innanzitutto l’arrivo del cd è stato l’inizio della fine perché ha dato il via al fenomeno della pirateria. E poi è vero che registrare in digitale è più comodo, ma è anche molto più freddo: per certi generi musicali è meglio l’analogico, anche se a noi è costata tanta fatica perché abbiamo dovuto fare mesi di sala prove e arrivare in studio pronti, senza operazioni di copia-incolla e effetti di autotune. Lo stesso vinile è un supporto che qualitativamente supera di gran lunga il cd: sul vinile l’onda sonora è impressa, è un solco su cui passa la puntina, quindi c’è, esiste, sul cd invece l’onda è una copia digitale. Quella dell’analogico è una vendetta dolce: vinili e giradischi stanno tornando in voga. Noi però non vogliamo né seguire la moda né andare controtendenza, è stata solo una scelta musicale.
Avete accennato al lavoro in sala prove che ha preceduto la fase in studio: come si svolgeva nel dettaglio e che ricordi avete di quel periodo?
Stefano: Prima utilizzavamo una sala prove a pagamento vicino Rozzano, ora invece ne abbiamo una nostra dalle parti di Lecco e questo ci ha dato la possibilità di provare in totale libertà. Andavamo quasi tutti i giorni e provavamo facendo delle pause per riascoltare con il telefonino quanto avevamo registrato: la fase del riascolto fa molto bene al musicista, e non solo a lui. Ora cercheremo di suonare sempre più dal vivo in modo da sfruttare la dimensione live come una grossa palestra, così non avremo bisogno di tornare sempre in sala prove.
A: Io un aneddoto su quel periodo ce l’ho, perché qui non è ancora saltato fuori… A Rozzano, dove abbiamo fatto tutta la pre-produzione del disco, non c’era il bagno. Se ai ragazzi bastava uscire e andare nel cortile, per me – unica donna in mezzo a quattro uomini – c’era il lavandino (ride, ndr), quindi ogni tanto davamo lo stop alle prove e uscivano tutti perché io dovevo fare pipì. In realtà è stato divertente condividere anche questi momenti, perché poi si è creata confidenza tra di noi.
Tornando all’EP, in chiusura della versione in vinile c’è … e il digitale trema: perché questa traccia da 20 minuti?
S: Quando è nata l’idea con Carosello di pubblicare l’EP anche in vinile c’era l’esigenza di riempire il lato B perché i cinque brani stavano tutti sul lato A, così siamo semplicemente tornati un giorno in studio registrando in presa diretta come fosse un live vero e proprio. Abbiamo preso due canzoni del lato A e le abbiamo suonate come facciamo dal vivo con intro, assoli, collegamento strumentale tra un brano e l’altro, e abbiamo volutamente lasciato la traccia così lunga per dare significato all’ascolto della musica in vinile: il senso di appoggiare la puntina e andare avanti fino alla fine senza interruzioni. Un’operazione che contrasta con la tendenza attuale a “skippare” i brani.
Ma secondo voi analogico e digitale possono interagire tra di loro?
A: Per come la vedo io siamo in un’epoca d’oro perché abbiamo tutto il meglio di quel che possono offrire la tecnologia analogica e quella digitale, quindi possono interagire perfettamente. Il problema è l’abuso dell’uno o dell’altra: si deve trovare un equilibrio tra le due cose.
L’EP fisicamente è disponibile solo in vinile: quali sono il primo e l’ultimo che avete comprato?
S: L’ultimo credo sia di Lana Del Rey, però mi cogli impreparato!
A: Il primo è stato uno dei Beatles comprato in una bancarella a Londra. Tra l’altro era un’edizione con un errore di stampa e l’avevo pagata pochissimo; mentre l’ultimo potrebbe essere Lazaretto di Jack White.
Credete nel fascino dell’oggetto fisico come dimostra l’idea che sta dietro la copertina?
A: Sì, la cover è stata disegnata da Shout, un illustratore molto famoso all’estero, meno in Italia, che conosce bene la nostra musica e la nostra filosofia di vita. Ha interpretato la vendetta cui si fa riferimento nel titolo come una liquirizia, che può sembrare anche un disco, in realtà solo girando la copertina si scopre che è un serpente, simbolo di vendetta. Al di là di tutto crediamo che il vinile, anche solo esteticamente, sia un oggetto molto più bello del cd da possedere.
Il nuovo singolo La strada è un’ottima sintesi del vostro stile, un mix tra rock blues e melodie italiane anni ’60. Com’è nato e che tipo di messaggio volete che passi con questo brano?
A: Esatto, ed è un mix che esisteva già a quei tempi, basti pensare a Lucio Battisti. Il messaggio, musicalmente, è che le due anime possono benissimo stare insieme. Tra l’altro a breve pubblicheremo una cover che esemplifica questo concetto: si tratta di La musica è finita di Umberto Bindi, però mischiata alla versione che ne fece Robert Plant (Our Song, ndr). A livello testuale invece il singolo parla del coraggio di cambiare strada quando nella vita ci si trova davanti a un bivio. È nato in un momento in cui stavo vivendo proprio questa situazione, dovevo decidere che cosa fare della mia vita: se sacrificare tutto per la musica o intraprendere un’altra strada. E alla fine ho scelto la musica.
Vista la pubblicazione in vinile e in free download, le vostre aspettative sono concentrate sul fronte live?
A: Sì, ad oggi non ambiamo a nessun tipo di classifica di vendita, aspiriamo invece a trovare un nostro pubblico suonando il più possibile live perché è la dimensione che più ci piace e nella quale ci troviamo a nostro agio. Purtroppo però ci sono pochi spazi promozionali in tv, e per noi che siamo in 5 suonare in giro in elettrico è molto difficile, ma ci stiamo riuscendo. A inizio anno ci sarà un tour, pubblicheremo in rete tutte le date.
Dopo la vittoria al Coca Cola Summer Festival è cambiato qualcosa dal punto di vista del pubblico che vi segue?
A: Sicuramente sono aumentati i numeri ed è cambiato il target. Prima ci seguivano persone più mature e rockettare, invece con il Coca Cola Summer Festival abbiamo avuto la possibilità di farci vedere da ragazzi giovani e ascoltatori di musica pop. Noi non crediamo molto nella divisione dei generi, anzi ci piacerebbe arrivare al grande pubblico con la nostra musica.
La seconda parte del disco è già chiusa?
A: Sì perché l’abbiamo registrata insieme alla prima, non sapevamo che avremmo diviso il disco in due. Probabilmente il secondo volume sarà un po’ la sintesi di tutte e due le parti, e tutti e due i volumi usciranno insieme.
Prima di lasciarci, complimenti per aver superato la prima selezione di Sanremo. Che effetto vi farebbe urlare sul quel palco i vostri sogni?
A: Grazie, ci speriamo tanto perché è l’unico spazio ad oggi in tv dove suonare dal vivo un proprio brano. Non volevamo iscriverci a tutti i costi, l’abbiamo fatto nel momento in cui avevamo la canzone secondo noi adatta. Ci piacerebbe tantissimo “urlare i sogni” sul palco di Sanremo, perché attualmente uno dei pochi modi per farsi sentire è urlare, nel senso buono intendo, quindi cantando e alzando un po’ la voce.
Per ascoltare Voglio urlare i miei sogni, clicca qui.
Il brano Riderò è stato scelto per la colonna sonora e il trailer del nuovo film di Natale di Aldo, Giovanni e Giacomo, Il ricco, il povero e il maggiordomo, in uscita l’11 dicembre nelle sale italiane. Nel trailer è stato inserito anche Vieni a gridare con me, che sarà contenuto nel secondo volume del progetto discografico della band.
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