Lo abbiamo conosciuto come solista nel 2013, quando dal palco del Festival di Sanremo ha conquistato tutti con la teatralità dell’irresistibile Mi servirebbe sapere, singolo certificato disco d’oro che ha aperto la strada al primo album Nonostante tutto. Lo abbiamo ritrovato di nuovo ironico e scanzonato nel secondo lavoro L’equazione (2014). Ora l’ex Aram Quartet Antonio Maggio vuole ampliare lo spettro dei suoi colori musicali mostrando un altro lato di sé. Il 4 novembre è uscito il singolo Amore pop che, scritto con la produzione artistica di Diego Calvetti, rivela la sua vena più intima e riflessiva. Il brano anticipa la pubblicazione del terzo lavoro di inediti in arrivo nel 2017 su etichetta Mescal. A PopSoap Antonio Maggio ha spiegato che cos’è l”amore pop’ e quali sono gli obbiettivi che si pone con il nuovo disco.
Amore pop segna il tuo ritorno mostrando un lato di te che forse finora non era mai emerso…
Era proprio questo il bersaglio da colpire. Prima di mettermi al lavoro sul nuovo album, lo scorso anno, avevo come la percezione che la gente avesse conosciuto prevalentemente un solo lato della mia vena artistica, quello più ironico, per certi versi anche profondo, ma comunque scanzonato, che mi appartiene assolutamente, per carità, ma è pur sempre solo una parte di me. Allora mi sono detto: “È arrivato adesso il momento di farmi conoscere più a 360 gradi, com’è giusto che sia”.
In che senso questo amore è ‘pop’?
L’amore è pop in quanto impersonale, grezzo, quasi alla mercé di tutti. E l’amore non può essere etichettato in questo modo. L’amore fa sognare proprio perché unico, incorruttibile, curato dal vissuto. Non a caso canto : “Noi non siamo per l’amore pop, che non ci fa stare bene”.
Hai dichiarato che il tuo prossimo album sarà un disco di cambiamenti, che cosa dobbiamo aspettarci?
Di sicuro un Antonio Maggio 2.0. Mi metterò più a nudo, evidenzierò una parte di me più intima e riflessiva che nei primi due album è venuta poco fuori. Insomma, c’è da aspettarsi ciò che non ci si aspetta. E alla fine credo sia giusto così, altrimenti sai che noia…
In passato hai pubblicato dischi per major come Sony e Universal, che bilancio puoi fare di quelle esperienze?
Sono state esperienze importanti, che mi permettono oggi di guardare al mio mondo con un approccio più maturo. Ma sono state anche esperienze completamente diverse tra di loro, perché con Sony ho lavorato come conseguenza della vittoria a X-Factor con gli Aram Quartet, e quindi come gruppo vocale, mentre Universal mi ha messo sotto contratto dopo la mia vittoria al Festival di Sanremo, da solista, da cantautore, nella mia veste dunque più autentica.
Ora invece sei approdato in Mescal, che ha fatto la storia della musica italiana. Come vivi questa nuova avventura? È una ripartenza?
Ogni album è una nuova partenza. Ci sono cose nuove da raccontare, nuovi mondi musicali da esplorare, probabilmente nuove responsabilità e aspettative da soddisfare che si sono create anche da parte del pubblico. Il primo album con una nuova etichetta discografica poi, a maggior ragione se cosi prestigiosa come Mescal, è ancor più stimolante. Valerio Soave, il fondatore di Mescal, ha sempre lavorato con le unicità del panorama italiano, e il fatto di collaborare adesso insieme mi inorgoglisce in maniera particolare.
La tua carriera solista è decollata con la vittoria a Sanremo. Torneresti ancora al Festival?
Certamente, al Festival di Sanremo mi legano emozioni e ricordi fortissimi e indelebili. In futuro mi piacerebbe molto ritornarci.
Recentemente hai vinto il Premio Giorgio Faletti, che cosa ha significato per te?
È stata una grande soddisfazione, un premio importante che mi gratifica molto, legato al nome di un artista poliedrico come Faletti che ha saputo cimentarsi in varie arti dimostrando una completezza artistica che in pochi hanno avuto in Italia. Ricevere il premio dalle mani di Gaetano Curreri, poi, è stato ancora più bello.