Sergio Cammariere: «Canto l’utopia di un unico popolo, mano nella mano»

Sergio Cammariere, cover di "Mano nella mano"
Sergio Cammariere, cover di “Mano nella mano”

A due anni di distanza dall’ultimo album, il 23 settembre scorso è uscito Mano nella mano (Sony Music), il nuovo disco di Sergio Cammariere. Undici brani – gran parte dei testi è firmata da Roberto Kunstler – in cui la musica diventa il canto unificante di un mondo senza più confini e nei quali l’artista scandaglia il senso della vita con atteggiamento positivo. L’album raccoglie l’eredità migliore della grande scuola della canzone d’autore latino-americana, francese e genovese, con arrangiamenti raffinati. Sergio Cammariere, che tornerà in tour a novembre (in fondo tutte le date), ha raccontato a PopSoap in una lunga chiacchierata il significato delle nuove canzoni, e ci ha deliziati con un sincero e appassionato ricordo di Bruno Lauzi.

Il brano Mano nella mano è nato dopo un viaggio in Andalusia: che cosa le ha lasciato questa esperienza e come mai ha deciso di intitolare il disco allo stesso modo?
Oltre alla musica, ho la passione di riprendere con la videocamera tutti i momenti più significativi della mia vita, viaggi inclusi. Rivedendo le immagini ho scoperto quanto Tarifa fosse vicina alla costa africana, e ho pensato a un brano che potesse trasmettere tranquillità e un senso di fratellanza. Due continenti uniti, un popolo unito: in fondo la musica è espressione dell’amore, così quando ho rivisto le immagini del viaggio in Andalusia mi sono innamorato di questo sogno.

L’idea di unità torna anche in chiusura dell’album con il brano strumentale Pangea.
Pangea rappresenta l’incontro tra due anime musicali, la mia e quella di Antonello Salis. Il titolo è stato dato in seguito perché racchiudeva il senso del disco e mi piaceva il suono di questa parola che indica la terra primordiale bagnata da un unico mare. Un titolo metaforico dunque.

Il concetto viene ribadito pure in Ed ora, quando dice: “Non possiamo più restare soli”.
Quel brano è un inno alla libertà e alla fratellanza ed è stato ispirato da un incontro con un maestro di musica gnawa, una musica molto particolare, che arriva dal deserto. Mi trovavo in Marocco e una sera ho incontrato questo maestro che suonava il gembrì – vallo a cercare su Wikipedia! (si raccomanda, ndr) – una sorta di basso tribale che dà vita a canzoni molto corali. Ed ora è nata musicalmente proprio da questo riff che è un traditional della musica gnawa. Non avevo mai inserito cori nei miei brani, questo pezzo mi ha dato l’opportunità di sperimentare qualcosa di nuovo.

In un passaggio del testo parla di un futuro in cui l’umanità tornerà in Africa. Che cosa vuol dire?
Come spiego subito dopo: “Pregherò canterò finché il mondo sappia/ora solo l’amore è ora”. Abbiamo bisogno di meditare, di fermarci un po’ e ascoltarci dentro: questo è il senso del brano, la fratellanza non è altro che il rispetto del prossimo. Quando questi valori saranno concreti e reali nell’evoluzione dell’essere umano allora si potrà dire che ritorneremo tutti in Africa: è chiaro che c’è un po’ di utopia in tutto questo.

Il viaggio è un tema ricorrente, lei verso che cosa si sente in viaggio in questo momento?
È un viaggio dentro di sé, a ritrovare una pace interiore. La parola stessa è quasi sinestetica, si può viaggiare fisicamente ma si possono fare dei viaggi durante i sogni. Il viaggio è la vita stessa.

Io senza te tu senza me è un omaggio a Bruno Lauzi, cui aveva già dedicato il disco Cantautore piccolino. Secondo lei che cosa ha lasciato Lauzi al cantautorato italiano?
Con Bruno c’era una grande amicizia iniziata a metà degli anni ’90, veniva a casa mia a suonare e io registravo. Riascoltando una di quelle registrazioni ho trovato questo brano, ma c’è una serie di canzoni bellissime che ci ha lasciato e che in pochi conoscono. Spesso viene ricordato come l’interprete di brani firmati da Battisti (Amore caro amore bello, L’aquila ecc…), ma lui ha scritto pezzi straordinari come L’ufficio in riva al mare, La casa nel parco, e in veste di autore si prestava a scrivere pagine meravigliose, vedi Almeno tu nell’universo di Mia Martini.
Io e Bruno condividevamo l’amore per la musica brasiliana e per i pezzi di George Gerswhin, di Cole Porter, i cosiddetti standard jazz, di cui lui era un grandissimo conoscitore.

Un maestro della musica italiana dunque…
Bruno è stato un grande poeta. L’ultima opera che ci ha lasciato si chiama Cioccolatino ed è un omaggio alla musica latina, altra passione in comune, eppure in quel disco non aveva inserito Io senza te tu senza me, che ho definito un samba genovese.
Era anche compagno di scuola al liceo di Luigi Tenco, immagina che cosa mi ha potuto raccontare di quegli anni, quando grandi cantautori come Tenco, Gino Paoli, Umberto Bindi cominciavano a scrivere canzoni! Io mi sento un po’ un continuatore di questa scuola.

Nell’album c’è un brano, Così solare, che lei ha scritto tanti anni fa. Perché è rimasta nel cassetto così a lungo?
È una delle mie prime composizioni e risale agli anni ’80, entrò in un disco di Gegè Telesforo e fu arrangiata da un bassista, Max Bottini, in versione un po’ funky. Poi è rimasta in disparte per tanto tempo ma gli amici che mi conoscono da quando ho messo piede a Roma mi dicevano: “Ma quella canzone che fine ha fatto? È così bella!” e quindi mi sono convinto a pubblicarla, soprattutto perché ho trovato, insieme ai miei musicisti Roberto Taufic e Alfredo Paixão, un suono più brillante.

Cosa dobbiamo aspettarci dal tour in partenza tra poco?
Sono 15 anni che suono con la stessa band, quindi ci sarà Fabrizio Bosso alla tromba, Amedeo Ariano alla batteria, Luca Bulgarelli al contrabbasso e Bruno Marcozzi alle percussioni. Chi ci conosce sa che ogni volta trasformiamo le canzoni perché le suoniamo al momento con un’inventiva sempre nuova: abbiamo il ‘tarlo’ del jazz (ride, ndr), ci piace suonare e improvvisare.

Quindi ci porterete “mano nella mano” nel vostro mondo?
Sì, non ci sarà la fisarmonica di Salis e la chitarra però rileggeremo le canzoni in una veste nuova. So per certo che ci aspettano in molti, ci sono persone che partono dall’America e dal Giappone per assistere ai miei concerti perché sanno che ogni volta riscoprono qualcosa di originale e di inaspettato.

Queste le prime  date della tournée: Anteprima Tour – venerdì 14 novembre a FABRIANO (AN). Prima Nazionale – sabato 22 novembre al Teatro Petruzzelli di BARI; mercoledì 10 dicembre a BOLOGNA (Teatro Manzoni); domenica 18 gennaio a ROMA (Auditorium Parco della Musica); lunedì 26 gennaio a MILANO (Teatro dal Verme); sabato 31 gennaio a BARLETTA (Teatro Curci); lunedi 2  febbraio a NAPOLI (Teatro Augusteo).  Il tour è prodotto da Sounday Music.

Photo Credit: Francesco Cabras

Emanuele Corbo




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