È il 27 settembre del 2003, uno degli ultimi giorni trascorsi da Britney Spears a Roma, insieme alle colleghe Beyoncé e P!nk, per le riprese di un nuovo, mastodontico spot della Pepsi, girato a Cinecittà, nel quale le tre popstar interpretano la parte di gladiatrici che depongono le armi e incitano la folla a ribellarsi contro uno spietato imperatore (Enrique Iglesias) cantando We Will Rock You dei Queen con la supervisione di Brian May e Roger Taylor (entrambi presenti sul set per un cameo).
Prima di tornare nella Grande Mela, il team della Spears indìce a sorpresa una conferenza stampa, volta ad anticipare l’uscita del quarto LP in studio della cantante, In The Zone, nonostante l’album non sia ancora ultimato.
Nella gremitissima (quanto piccolissima) sala dell’Hotel Hassler in cui l’incontro ha luogo, giornalisti e aspiranti tali ascoltano 7 inediti dal disco e rivolgono delle domande a Britney, come previsto in circostanze del genere. Quando la non più innocente diva del pop internazionale descriverà In The Zone come un album più sexy e audace rispetto ai precedenti, una provocazione la coglierà in contropiede, come la rapida puntura di un’ape: ’Però hai detto che intendi modificare alcune frasi esplicite nel brano scritto per te da R. Kelly’, controbatte uno dei presenti in sala a cui Britney replicherà in maniera diretta e precisa: ’Con tutto il rispetto per [R. Kelly] come artista, non mi sento molto a mio agio nel cantare quei versi, sono un po’ troppo volgari per i miei gusti. Ne ho discusso a lungo con la mia casa discografica e ho fatto loro presente che si stava andando oltre, quindi credo che cambieremo alcune parole oppure le elimineremo dalla versione finale’.
La canzone dalle stilose sonorità urban pop e dal richiamo esotico, a cui si accennava durante quella conferenza stampa, era Outrageous, il settimo dei brani che compongono In The Zone, nonché luna nera della discografia di Britney per una serie di sfortunate concause, interamente scritta, arrangiata e prodotta per la Spears dall’ex re Mida dell’R&B/soul che, dopo anni di accuse e un processo dall’esito discutibile, sembra accingersi (finalmente) a scontare la giusta pena per le gravissime colpe di cui si sarebbe macchiato, rimanendo a lungo impunito e recidivo. Lo scorso 22 febbraio, la procura di Cook County, nell’Illinois, ha infatti emesso un mandato d’arresto contro R. Kelly, costituendo 10 capi d’accusa per abusi sessuali perpetrati dal cantante su quattro ragazze (di cui tre minorenni) in un arco di tempo che va dal 1998 al 2010. Si tratta del terzo fermo emanato contro l’uomo, dopo quelli del giugno 2002 e del gennaio 2003 che si risolsero in cauzioni pagate nel giro poche ore e in un processo celebrato 6 anni più tardi, nel 2008, dal quale Kelly uscì libero e illeso per scarsità di testimonianze e prove al di là di ogni ragionevole dubbio. La procedura, stavolta, si è rivelata più severa: possibilità di evitare la custodia cautelare in carcere pagando l’esorbitante cifra di 1 milione di dollari e prima udienza con la Corte fissata già per l’8 marzo (International Women’s Day).
Le prime accuse contro R. Kelly
Facciamo un doveroso passo indietro: quelli trascorsi da Britney in studio di registrazione, durante la genesi di In The Zone, erano mesi delicati per buona parte dell’industria musicale. Nel 2002, a partire da febbraio, cominciano a circolare sul web (leakati da una delle tante vittime, si è scoperto in seguito) dei filmati hard che mostrano R. Kelly in azione: si tratta di video amatoriali, della durata di circa 30 minuti ciascuno, che il cantante aveva registrato mentre era intento a fare sesso con ragazze in apparenza minorenni e, nella più perversa delle clip, mentre umiliava con la pratica del pissing una delle sue giovanissime partner (la sua figlioccia, si saprà più tardi), al termine di un rapporto a tre. Nonostante il contenuto illegale, un paio di questi sex tape vengono venduti sotto banco per le strade di New York, in VHS e su DVD. Alcune copie vengono spedite, in anonimato, anche alla redazione di un noto quotidiano di Chicago, e sarà proprio quest’ultima ad allertare le autorità su quanto sta accadendo, per poi scoprire che le indagini erano già in corso da almeno tre anni. L’accusa che peserà sulla testa di R. Kelly consiste in 21 reati, fra cui violenza su minori e pedopornografia. Nel giugno del 2008, quando le imputazioni a suo carico saranno ridotte a 14, la Corte di Chicago assolve inaspettatamente Kelly poiché, come recitava la sentenza formulata all’epoca, ’non è possibile dimostrare la reale identità delle ragazze presenti nei filmati né tanto meno risalire all’età precisa, sebbene risulti verosimile, ma non del tutto certo, che la figura dell’uomo ripreso nei video coincida con quella dell’accusato’.
Ciò che stupisce, col senno di poi, è l’enorme supporto (e la reticenza) di cui il cantante/rapper ha potuto godere in tutto questo tempo. Nei primi anni 2000, in effetti, la risonanza degli eventi e delle notizie non era ancora amplificata dal veicolo dei social network e, pertanto, se da una parte il concetto di ’gogna mediatica’ era circoscritto agli organi di stampa, dall’altra molti colleghi di Kelly potevano trincerarsi dietro un politicamente corretto ’no comment’ in caso di domande scomode. Da non sottovalutare, tra l’altro, è il famoso comunicato emesso dalla Jive Records nel marzo del 2002 (quando l’uomo era già in odore di pedofilia), in cui la label d’oltreoceano assicurava il massimo sostegno al proprio artista di punta, nella buona e nella cattiva sorte. L’importanza del cantante (specie in termini di fatturato) ha senza dubbio protetto e reso immune Kelly nel corso degli anni, spingendo l’allora casa discografica di cui era parte integrante a tutelare in qualunque modo l’immagine pubblica della stella più luminosa dell’R&B/soul a livello planetario.
Outrageous, parte di una strategia
Outrageous di Britney Spears era parte del piano: includere un pezzo firmato da Kelly nell’album della popstar pìù discussa (e paparazzata) del periodo, all’indomani dello scandalo sessuale esploso negli Stati Uniti, rappresentava un’occasione fin troppo ghiotta per l’etichetta di entrambi gli artisti. Ma non per Britney, che ha più volte esternato un apprezzamento tiepido verso la canzone, preferendo altri brani inclusi nel disco e dichiarandolo senza problemi in alcune interviste, televisive e non. Sebbene Outrageous venga cucita addosso a Britney, alcune frasi del testo sono facilmente riconducibili a ciò che R. Kelly stava vivendo nel 2003. La canzone, infatti, è una risposta irriverente al giudizio dei media e alla durezza dell’opinione pubblica, parla del non cadere al primo colpo (’Jumped over drama and I landed on my feet’) e di non darla vinta a chi tenta di abbatterti a suon di cattiva pubblicità. Britney non lavorerà mai di persona con Kelly, ma registrerà il brano assistita da due membri della RedZone Entertainment (Penelope Magnet e Tricky Stewart), compagnia di musicisti e autori che contribuirà alla creazione di altri pezzi per l’LP come Me Against The Music, Early Mornin’ e The Hook Up.
È una canzone che entra nell’album un po’ controvoglia, Outrageous, sospinta dagli esecutivi della Jive Records che arrivano perfino a garantire a Kelly, tramite apposita clausola contrattuale, l’uscita del brano come primo o futuro singolo. Nonostante le insistenze della label, Britney riesce però a spuntarla, evitando che Outrageous diventi l’apripista del suo quarto album in studio: complice l’ormai storica esibizione con Christina Aguilera, Madonna e Missy Elliott ai Video Music Awards del 2003, la popstar invita la Ciccone a duettare con lei in Me Against The Music, il brano che darà ufficialmente inizio all’era di In The Zone. Quando sarà la volta del secondo estratto, la Jive tornerà a premere a favore di Outrageous, ma la Spears riuscirà nuovamente ad avere la meglio proponendo (a buon diritto, visto il successo commerciale e il Grammy Award vinto come Best Dance Recording nel 2005) la più accattivante Toxic, scritta da Cathy Dennis e prodotta dagli svedesi Bloodshy and Avant. Sviato pure il terzo tentativo appellandosi al fatto che servisse un numero più lento e malinconico, Everytime, per mostrare al grande pubblico il lato intimo e riflessivo del disco, Britney non può più temporeggiare: Outrageous viene scelta come quarto singolo nella primavera del 2004 e, per cause di forza maggiore, sarà anche l’ultimo. La Jive mette la cantante alle strette, pattuendo un accordo con la produzione del film Catwoman, di cui Halle Berry è protagonista, che prevede l’utilizzo di Outrageous come colonna sonora principale della pellicola, mentre a Dave Meyers viene affidato il compito di dirigere il videoclip d’accompagnamento, durante le riprese del quale il regista inviterà Snoop Dogg sul set per un cameo amichevole, pur non avendo quest’ultimo mai contribuito al brano con un suo rap.
8 Giugno 2004
La data è indelebile per qualunque fan di Britney: è un martedì sera, l’8 giugno del 2004, e la Spears sta girando una delle varie scene da includere nel video di Outrageous, eseguendo un numero di danza hip hop nel Queens, a New York, con il suo corpo di ballo. Tempo di una rapida giravolta e la storta è bella che presa: Britney si infortuna gravemente il ginocchio sinistro, a tal punto da aver bisogno di un intervento urgente a causa dell’abbondante fuoriuscita di cartilagine (un simile problema al menisco l’aveva già costretta a rimandare due show americani del suo Onyx Hotel Tour nel marzo di quell’anno). La fatale piroetta sul set costerà cara alla popstar: la tournée in corso sarà cancellata in via definitiva e proprio da allora le sue un tempo invidiabili abilità da ballerina e freestyler saranno compromesse. Tutto ciò per un video che Miss Spears non aveva nemmeno voglia di filmare e per un singolo che, data una serie di concomitanze, rimarrà impresso nella memoria collettiva come la canzone maledetta del suo vasto repertorio. Malgrado la clip incompleta venga messa da parte, e per osservare in qualche modo il contratto stipulato con R. Kelly, Outrageous sarà inviata alle radio americane il 20 luglio del 2004 e sarà ugualmente pubblicata come singolo negli States, dove uscirà su vinile da 12 pollici, e in Giappone, dove sarà acquistabile su CD Maxi (nella colonna sonora di Catwoman, invece, finirà con l’essere sostituita da Scandalous del trio femminile Mis-Teeq).
Surviving R. Kelly, il caso riesplode
La corte di Chicago avrà pure dichiarato R. Kelly non colpevole nel giugno del 2008, assolvendolo dai 14 capi d’accusa che allora pendevano sulla sua testa, ma a risvegliare l’interesse pubblico sul caso ci ha pensato, nei primi giorni del 2019, un documentario diviso in 6 puntate, Surviving R. Kelly, trasmesso negli Stati Uniti da Lifetime TV, che ha risollevato il fosco polverone mediatico attorno al cantante mandando in onda le testimonianze dirette di alcune vittime plagiate e abusate da Kelly e quelle dei loro familiari, che hanno preso coraggio e parlato per la prima volta di fronte alle telecamere. L’impatto è senza precedenti, nemmeno pari a quello avuto con Harvey Weinstein, se si pensa che un movimento di massa, composto in larga parte da donne, ha dato il via ad una campagna censoria per esortare la Sony Music e la RCA Records a rimuovere l’intero catalogo musicale di R. Kelly dalle piattaforme adibite allo streaming e dai negozi sia fisici che digitali. Anche gli artisti che hanno collaborato con l’uomo in passato (e hanno scelto il silenzio quando il documentario era in lavorazione) sono stati inesorabilmente trascinati nella polemica: tra questi c’è Lady Gaga, reduce dalla vittoria ai Golden Globes e agli Oscar, che ha subìto una vera e propria sassaiola da parte del web (la cosiddetta shitstorm), tale da spingerla a postare un lungo messaggio su Twitter, il 9 gennaio scorso, corredato dalla promessa (poi mantenuta) di eliminare Do What U Want, brano inciso con R. Kelly nel 2013 e contenuto nell’album ARTPOP, da tutte le piattaforme online.
A seguire l’esempio di Gaga sono inoltre stati Chance The Rapper (uno dei pochissimi personaggi famosi a comparire nel documentario e a prendere una posizione netta contro Kelly) e Céline Dion. Quest’ultima, in un eccesso di zelo e controllo dell’immagine, ha deciso di cancellare da Spotify e iTunes I’m Your Angel, fortunatissimo duetto con R. Kelly che debuttò in vetta alla Hot 100 di Billboard nel dicembre del 1998, rimanendoci stabile per un totale di 6 settimane, ben prima che le accuse ai danni dell’uomo diventassero di pubblico dominio. La canzone risulta al momento eliminata dall’album natalizio della Dion in cui era apparsa per la prima volta, These Are Special Times, ma ancora presente nel disco doppio di R. Kelly e in una compilation di successi della diva canadese, edita nel ’99. Anche il gruppo tutto al femminile (e sciolto da tempo) delle Pussycat Dolls ha provveduto a rimuovere il brano Out Of This Club, incluso nel loro secondo album in studio, Doll Domination, da ogni canale preposto al download e all’ascolto. Si tratta di una canzone che R. Kelly aveva scritto appositamente per la band capeggiata da Nicole Scherzinger nel 2008, nonché primo pezzo ad esser pubblicato all’indomani dell’assoluzione, quando molti colleghi del music biz continuavano a tessere le lodi del cantante e a dimostrarsi indulgenti e neutrali circa la sentenza che lo aveva appena scagionato (la Scherzinger in persona, oggi redenta, dichiarò all’epoca dei fatti al quotidiano britannico The Sun ’[Out Of This Club] è la prima traccia con cui [R. Kelly] ritorna in gioco, qualunque cosa sia accaduta o non accaduta, io non posso giudicare nessuno. Una hit è una hit e una canzone è tale a prescindere, e lui è innegabilmente un autore fantastico. È stato un onore sapere che ha scritto questo pezzo apposta per noi’).
E Britney che fa? Al momento nulla, sembra, visto che Outrageous rimane ancora disponibile in ogni angolo del web. Peraltro, avendo la Spears sospeso e posticipato a data da destinarsi la seconda residency a Las Vegas (una serie di nuovi spettacoli a cui è stato dato il nome di Britney: Domination), motivando ufficialmente questa decisione, lo scorso gennaio, con la necessità di assistere il padre Jamie in convalescenza in Louisiana dopo un lungo ricovero ospedaliero dovuto alla perforazione improvvisa del colon, dubitiamo altamente che la star sia memore di quanto successo nelle ultime settimane e del caso mediatico riesploso.
Posto che ognuno è libero di agire secondo la propria morale e discrezione, anche quando il limite tra la scelta di non ascoltare le canzoni di un artista e quello di cancellarne le tracce una volta per tutte si assottiglia man mano di più, chi è dunque da apprezzare? Chi oggi manda al rogo il contributo dato da R. Kelly al mondo della musica (inficiato dai trascorsi senza dubbio ripugnanti della sua vita privata), ma si dimostrava compiacente nell’accettare proposte di collaborazione per pura ipocrisia e tornaconto economico o chi, come Britney in tempi già sospetti, ha sempre manifestato un vago disagio e disinteresse nei confronti di un cantante spalleggiato, e protetto, dai vertici dell’industria finché il clamore delle accuse a suo carico non ha raggiunto l’inesorabile punto di non ritorno?