Si intitola Nessuno segna da solo (Universal Music) ed è il nuovo album dei La Rua, la band che ha ottenuto grande popolarità e seguito anche grazie alla partecipazione ad Amici 15. La storia del gruppo capitanato da Daniele Incicco però inizia molto tempo prima, nel 2009 ad Ascoli Piceno, e recentemente, grazie all’esperienza di Sanremo Giovani World Tour, si è arricchita di importanti esperienze ben oltre i confini italiani. Con PopSoap il cantante ha tracciato un bilancio di questi primi 10 anni di attività e ha presentato il disco che gioca su un continuo parallelismo tra musica, vita e sport.
“Nessuno segna da solo”: detto da una band è importante…
Era necessario avere un titolo che facesse capire sempre di più che siamo una band, una famiglia, e che ci adoperiamo per questo collettivo. “Nessuno segna da solo” era quello più azzeccato.
In tutto il disco ci sono continui rimandi al mondo dello sport. Avete una visione sportiva della musica?
La musica per me è stata uno strumento di rivalsa sulla mia infanzia vissuta in una piccola provincia con tutte le difficoltà del caso, anche il fatto di non avere una lira perché la mia famiglia non aveva molti soldi alle spalle. È stata un modo per vincere tutti i no che mi venivano detti, e l’atteggiamento è stato sempre quello sportivo: non mollare mai, mettercela tutta, andare oltre i propri limiti.
Tu sei tifoso?
Sì del Milan, quindi sono in lutto sia per Gattuso sia perché il Milan non è entrato nelle Coppe (ride, ndr), però sono sportivo, è anche molto bello perdere: una sconfitta è comunque una vittoria mancata, è un insegnamento che ci si può portare dentro e di cui fare tesoro.
Nella tracklist figura anche I 90, sei un nostalgico?
Sì, non so perché, me lo sto chiedendo in questi giorni. Ero piccolino ma vedevo gli anni ’90 attraverso la vita di mio fratello, che avendo 8 anni più di me li viveva a pieno. Io li ho un po’ mitizzati e me li sono trovati all’interno di questa canzone. I social hanno preso il sopravvento rispetto all’incontrarsi al bar, le sere prima non erano programmate, si usciva e c’era una grande aspettativa dal niente, invece oggi è tutto molto programmato, sappiamo già dove andremo a finire, com’è quel locale, abbiamo i feedback del posto… C’è un’abitudine diversa rispetto a quell’incoscienza che forse faceva vivere la vita in maniera più serena e magari dava la possibilità di emozionarsi un po’ di più. La canzone è nata da questa visione e dalla fame che ho avuto di quegli anni.
Siete reduci da Sanremo Giovani World Tour, che esperienza è stata?
Unica, irripetibile e molto formativa. Ci siamo ritrovati davanti a un pubblico che non aveva idea di quello che stava per accadere, siamo stati quindi catapultati ai nostri inizi: ci sono stati tutti gli atteggiamenti di sorpresa che vedevo ai nostri esordi, quello stupore nel momento in cui iniziavamo a suonare i timpani o il banjo… è stato veramente rigenerante, mi ha ridato molta forza. La cosa che mi ha colpito di più è stato vedere i Giapponesi che partecipavano più di un concerto che avremmo potuto fare ad Ascoli Piceno.
Sarà pure per questa carica che ti sei già messo a scrivere cose nuove?
Assolutamente, io ho un grande magone dentro, eterno, che devo capire come gestire ed è quello di non aver mai fatto abbastanza quindi ogni giorno mi sveglio con la necessità di scrivere la canzone bella che ancora non ho scritto.
Dovrai preoccuparti veramente quando non lo avrai più…
È buono per la musica, ma per me è deleterio, forse devo destrutturarmi, distruggermi per potermi dare alla musica stessa.
Quest’anno festeggiate 10 anni dalla vostra formazione.
Un matrimonio che dura 10 anni! Adesso vediamo matrimoni tra due persone che si distruggono dopo pochi mesi invece nonostante le difficoltà che abbiamo avuto nel tempo siamo riusciti a rimanere insieme. È un decennio che stiamo già celebrando: sarà un’estate piena di live nei quali ci ricorderemo ad ogni inizio di concerto che sono 10 anni + un giorno. Io sono amante delle famiglie, avendone avuta una mozzata dal destino, perché ho perso mio padre presto, in un certo senso cerco sempre una famiglia: nelle amicizie, nei rapporti umani, e quindi anche nella musica.