Può un’orecchiabile sequenza di 16 note, eseguita in una canzone ripetendo più di cento volte una semplice sillaba, imprimersi nel cervello umano e restarci letteralmente attaccata come un magnete su una superficie?
Questo è ciò che, 20 anni fa esatti, accadeva in tutto il pianeta grazie a quel ‘La, la, la’ che costituiva il refrain di Can’t Get You Out Of My Head, indimenticabile brano dance/pop del 2001 con cui l’allora 33enne Kylie Minogue dominò a lungo le classifiche dei singoli di innumerevoli paesi, guadagnandosi la consacrazione mondiale e lo status di icona.
La chart battle con Victoria Beckham
Pubblicata su CD e vinile come primo estratto da Fever, l’ottavo album in studio della cantante acclamato da critica e pubblico per le sue stilose sonorità ispirate al French Touch e agli anni ’80, Can’t Get You Out Of My Head vide ufficialmente la luce l’8 settembre del 2001 in Australia, mentre in Regno Unito approdò nei negozi di musica nove giorni più tardi, il 17, in una data rimasta storica nella memoria collettiva per via dello scontro diretto (in realtà fomentato dalla stampa) tra Kylie e Victoria Beckham, che debuttava da solista con l’R’n’B del suo meno fortunato brano Not Such An Innocent Girl.
Sostenuta da un’impressionante quantità di passaggi radiofonici (ne saranno conteggiati 3000 in una settimana di rotazione nelle emittenti locali) e, soprattutto, dal potere ammaliante di Can’t Get You Out Of My Head, la Minogue trionfò nel duello con Posh Spice conquistando la vetta della chart britannica il 23 settembre di quell’anno, grazie a più di 300 mila copie acquistate in Inghilterra. Victoria si fermò invece alla #6.
Per rendere l’idea del clamore mediatico suscitato dal pezzo (e dal relativo video), basti pensare che grandi catene commerciali come HMV e Virgin Megastore si videro costrette a richiedere, più di una volta, l’invio di ulteriori CD singoli alla Parlophone Records (casa discografica con la quale Kylie era sotto contratto all’epoca) per esaurimento scorte.
Un brano non pensato per Kylie
Head si rivelò un successo senza precedenti per la Minogue, tanto inatteso quanto incredibile se si tiene conto del fatto che la canzone, in origine, non era stata concepita per la sua futura interprete.
Siamo nell’autunno del 2000, che sta per volgere al termine, e Simon Fuller (il celebre manager delle Spice Girls) è alla ricerca di nuovo materiale per il terzo LP in studio del gruppo inglese degli S Club 7, da lui scoperto e gestito. Raggiunge quindi telefonicamente l’autore/musicista Rob Davis, che in quel periodo si era fatto conoscere nell’ambiente mainstream per aver contribuito a successi dance come Toca’s Miracle dei Fragma e Groovejet (If This Ain’t Love) del DJ veneziano Spiller, e lo coinvolge in una sessione di scrittura con la sua pupilla Cathy Dennis, ex popstar degli anni ’90 che aveva scelto di ritirarsi dietro le quinte dopo una discreta sfilza di hit remixate dal produttore americano Shep Pettibone, mettendo a disposizione le sue spiccate abilità da melodista e paroliera per altri artisti e band emergenti.
Quel pomeriggio del 2000, a casa di Davis, Can’t Get You Out Of My Head emette il suo primo vagito su un giro di batteria da 125 BPM, estratto dal noto software Cubase e accompagnato dagli accordi di una chitarra acustica suonata da Rob. Come spiegò Cathy in una lunga intervista rilasciata nel 2011 per M Magazine, la canzone nacque in modo spontaneo e senza alcun destinatario prestabilito; l’autrice iniziò a canticchiare ‘I just can’t get you out of my head / Boy, your loving is all I think about’ sulla traccia musicale abbozzata dal collega e scrisse in poco tempo con lui anche due bridge da alternare alle strofe. Mancava però l’elemento fondamentale in un brano pop, e cioè un ritornello che accalappiasse l’udito come l’amo da pesca cattura la preda marina. La Dennis ha quindi un’ispirazione fulminea e intona a braccio un motivo (come spesso capita quando si compone senza pensare al testo), modulando la sillaba ‘la’ in una maniera così armoniosa e piacevole da decidere di lasciare quel refrain così com’è, privo di parole di senso compiuto, semplicemente perché non ce n’è bisogno.
Alla ricerca dell’interprete giusto
Una volta rifinito l’arrangiamento del provino (registrato da Cathy) sostituendo la chitarra acustica con un basso sintetico e aggiungendo orpelli musicali qua e là, reminiscenti delle distorsioni sonore dei Kraftwerk e presi in prestito dal più gommoso elettropop degli anni ’80, serve l’interprete a cui offrire il brano. Simon Fuller boccia subito l’idea di far incidere Can’t Get You Out Of My Head agli S Club 7, mentre Rob Davis propone di inviare il demo a Sophie Ellis-Bextor, che a quel tempo stava lavorando al suo album d’esordio, Read My Lips. Sebbene il pezzo venga effettivamente recapitato alla Polydor, all’epoca label della cantante, sarà scartato dal team artistico della Bexy prima che quest’ultima possa ascoltarlo con le proprie orecchie e valutare.
Mentre si cercano potenziali interpreti, Cathy Dennis è addirittura tentata di pubblicare Can’t Get You Out Of My Head da sé, magari usando uno pseudonimo e facendola circolare nelle discoteche sotto forma di white label. Intanto, il suo provino scivola lungo la scrivania di Hugh Goldsmith (fondatore della Innocent Records), per il trio delle Atomic Kitten, e su quella di Jamie Nelson, l’uomo che procaccia e seleziona brani papabili per Kylie Minogue. Le gattine atomiche si dimostrano molto interessate ad ottenere la canzone, ma è Nelson che alla fine riesce ad assicurarsi Head per Kylie dopo aver suonato il demo alla popstar ed essere stato spinto proprio da lei a ‘congelare’ il brano all’istante. Per la Minogue, infatti, fu amore al primo play negli uffici della Parlophone, tanto da chiedere un incontro conoscitivo con Rob Davis e registrare Can’t Get You Out Of My Head in studio nel giro di poche settimane. Le Atomic Kitten, rimaste a bocca asciutta e con il dente avvelenato, riceveranno in compenso l’opportunità di cantare uno scarto da Fever, intitolato Feels So Good, che darà anche il nome al loro secondo album nel 2002.
La creazione di una hit planetaria
‘La versione di Kylie è fondamentalmente quella del demo [cantato da Cathy Dennis], stessa tonalità e via dicendo. Non era mixata e masterizzata, ma le parti erano tutte lì. Penso di aver aggiunto un po’ di chitarra e degli archi [verso la fine] quando l’abbiamo ultimata’. Così si esprimerà Rob Davis nell’intervista congiunta con la Dennis per M Magazine, a proposito dell’incisione di Can’t Get You Out Of My Head con Kylie. Confermando un dettaglio che l’orecchio dei fan più attenti aveva già colto, l’autore/produttore svelerà che parte dei lead vocals e delle armonie di Cathy, estrapolate dal provino, vennero mantenute nella versione finale per una mera scelta stilistica, volta a potenziare punti nodali del pezzo come ritornello e bridge (là dove le voci di Kylie e dell’autrice si intrecciano e sovrappongono trasformando il brano quasi in un duetto). Al momento della registrazione in studio con la Minogue, aggiungerà Davis, nessuno poté anche solo lontanamente immaginare le proporzioni titaniche del successo che Head avrebbe riscosso, una volta pubblicata, né tanto meno prevedere i tre prestigiosi Ivor Novello Awards che gli autori avrebbero vinto per averla scritta.
Un video iconico e ricco di citazioni
Nel video girato a supporto del singolo e diretto da Dawn Shadforth (già regista della clip di Spinning Around nel 2000), Kylie è alla guida di un’automobile sportiva color senape, nella cornice di un centro direzionale futuristico popolato da automi a cui la cantante si unisce per eseguire coreografie robotiche, scandite da tre cambi d’abito. A primeggiare fra tutti, l’ormai iconica e supersexy tuta bianca in jersey, disegnata dalla stilista Fee Doran, che lascia strategicamente nudo l’addome e parte del seno della diva australiana, con cappuccio e spacco vertiginoso su ambo i lati del corpo.
Innegabili sono i riferimenti visivi alle celebri fembot de La Donna Bionica (1976), alla gang dei Drughi di Arancia Meccanica (1971) di Stanley Kubrick e al ginoide della pellicola visionaria Metropolis (1927) di Fritz Lang, una fonte di ispirazione costante alla quale la Minogue e l’allora direttore artistico William Baker attingeranno più volte durante l’era di Fever, e oltre.
Kylie meets New Order
In quanto caposaldo della sua intera discografia, Can’t Get You Out Of My Head sarà puntualmente proposta da Kylie in tutte le sue tournèe, ogni volta in forme e riletture più o meno diverse dall’arrangiamento originario.
Molti remix vennero approvati e pubblicati dalla Parlophone per promuovere l’uscita commerciale del brano (inclusa una drastica e poco nota rivisitazione heavy metal a cura del collettivo belga Soulwax), ma nel 2002 uno speciale mashup con la mitica Blue Monday dei New Order riuscì ad instillare, più delle altre incarnazioni, nuova linfa in un successo già conclamato.
Tutto accade nell’ambiente dei club, per l’esattezza verso la fine del 2001, quando un DJ londinese di nome Erol Alkan comincia a testare e a far girare sui suoi piatti (e su quelli di altri colleghi) un vinile da 12 pollici contenente un mix da lui abbozzato adeguando frammenti vocali di Head sulla base musicale del brano dei New Order.
Riscuotendo parecchi consensi nei locali più in voga della città, il bootleg arriva alle orecchie di Jamie Nelson (lo stesso discografico che aveva ottenuto Can’t Get You Out Of My Head per Kylie) e spinge quest’ultimo a sviluppare ulteriormente l’idea di Alkan e a commissionare una vera e propria fusione tra i due pezzi.
Nelson affiderà al produttore Stuart Crichton (in arte Narcotic Thrust) il compito di mescolare Head e Blue Monday in un unico remix con cui la Minogue sceglierà di esibirsi sul palco dei Brit Awards 2002, per una performance gloriosa che vedrà la ‘Venere tascabile’ fuoriuscire in tutta la sua minutezza da un lettore CD gigante utilizzato come scenografia.
La versione ufficiale del mashup, battezzata Can’t Get Blue Monday Out Of My Head, apparirà poi come lato B nel singolo di Love At First Sight, il terzo estratto da Fever.
Numeri da capogiro
Dominando le classifiche dei singoli in ben 40 paesi del mondo abitato, Can’t Get You Out Of My Head si rivelerà a tutti gli effetti un successo planetario con una stima che conta più di 5 milioni di copie all’attivo. A distanza di pochi giorni dal suo arrivo nei negozi, il brano monopolizzerà la vetta dell’Hit Parade di ogni singola nazione europea (Finlandia esclusa, dove si fermerà alla #2), nonché quella di Australia e Nuova Zelanda. In Italia conquisterà la prima posizione nella chart, detronizzando il tormentone estivo Tre Parole di Valeria Rossi, e vi rimarrà stabile per tre mesi consecutivi, dal 29 settembre al 29 dicembre 2001. Grazie alle 150,000 unità accumulate in questo periodo di tempo, Can’t Get You Out Of My Head sarà eletto il singolo più venduto dell’anno (superando le 100 mila di ‘Sole, Cuore Amore’) e certificato doppio disco di platino nel Belpaese.
Estendendosi oltre l’Oceano Atlantico, Head permetterà a Kylie di rientrare anche nella Top 10 dell’ambìta Hot 100 di Billboard, dopo ben 13 anni dall’ultima volta, raggiungendo il suo picco in settima posizione il 23 marzo del 2002 e apparendo come un pesce fuor d’acqua nella classifica statunitense di allora, travolta dalla musica urban.
Una formula vincente
Da 20 anni a questa parte, Can’t Get You Out Of My Head e quel suo refrain sillabico ci ammaliano e irretiscono esattamente come l’ossessione amorosa che non dà tregua alla protagonista del brano. Negli ultimi tempi, la canzone è perfino diventata oggetto di studio da parte di ricercatori universitari e musicologi, curiosi di comprendere cosa sia in grado di innescare, attraverso il canale uditivo, una simile sequenza di note più facile da ricordare e ‘assorbire’ rispetto ad altre, ma la conclusione unanime non c’è. La psiche umana, sostengono gli esperti, conosce ragioni e riceve stimoli dall’esterno che non sempre è possibile cogliere o spiegare in modo scientifico, e la formula di Can’t Get You Out Of My Head ne rappresenta ancora oggi un esempio lampante.