Dopo due anni sei tornato con un disco in cui non parli più solo d’amore, ma hai allargato il campo d’indagine. Avevi detto tutto sull’argomento?
So che per molti è stato il mio disco d’esordio, ma guardando l’intero percorso musicale che ho fatto negli anni il progetto più atipico è proprio quello perché negli altri lavori le canzoni d’amore erano solo una minima parte. Ora, chiusa quella parentesi, posso dire di stare meglio e di avere iniziato a guardarmi intorno anche su altri fronti in maniera molto naturale.
Il titolo dell’album è positivo, ma con cautela. Perché?
È il mio primo disco senza troppi rancori e sentimenti negativi. In Non erano fiori, nonostante fosse morbido a livello di arrangiamenti e accordi, la morte era presente in tutti i pezzi. Stavo vivendo un periodo molto buio e ho tirato fuori la sofferenza legata a una storia finita. Niente che non va non ha testi troppo allegri, però c’è la consapevolezza che le cose sono andate come dovevano andare e ho fatto pace con determinati mostri. Penso sia un album più rilassato e con meno veleno.
Però la sensazione è che ti sia lasciato alle spalle alcune cose del passato con un po’ di amarezza, e che le ferite non siano completamente chiuse: è questo il senso dei mostriciattoli che appaiono in copertina, a indicare che un fondo di inquietudine è rimasto?
Credo che non ci si liberi del tutto dei propri demoni, forse li si impara a gestire meglio. Per ora non posso dire di averli eliminati del tutto, ma sto attraversando una fase più leggera e penso che nel disco si senta.
Merito anche della scrittura, come dici in Buona fortuna?
Da piccolo, dopo le prime sbandate, sono stato in analisi, poi attaccandomi alla scrittura ho capito che era quello il percorso da seguire. Mi ha aiutato a fare luce su molte questioni: non a caso il primo disco che ho realizzato con il mio gruppo (i Circolo Vizioso, ndr) si intitola Terapia.
A proposito del primo singolo La rabbia dei secondi hai dichiarato che non parla propriamente di te ma è il testo che ti racconta meglio. Ti senti un eterno secondo nella vita?
Ho avuto un percorso abbastanza tortuoso a livello musicale: ho iniziato più di 10 anni fa suonando nei centri sociali, poi mi sono fatto conoscere sul web e ho firmato con un’etichetta indipendente. Non sono uno di quelli che hanno partecipato a un talent e sono esplosi. Ho sempre fatto piccoli passi – per fortuna in crescendo – però è logico che vedendoti passare avanti un sacco di gente ogni tanto ti faccia prendere dalla smania di guardare chi sta meglio di te, è insito nella natura umana. Nel brano ho risolto la questione invitando a non prendersela troppo: in fondo tutti quanti un giorno siamo primi e un altro siamo secondi. La condizione del primo non è eterna.
Ascoltando l’album si nota una maggiore apertura a livello musicale. Che cosa è successo in questi due anni?
Il disco precedente va inteso come il lavoro di un rapper che si sbatte fino all’inverosimile per cercare di mettere in piedi una canzone senza alcuna nozione tecnica. Quando è uscito mi sono state mosse un sacco di critiche sulla metrica dei brani, sul fatto che le rime fossero tutte AB AB e la cadenza delle strofe fosse quasi sempre la stessa, ma in quel momento non avevo tempo di studiare una cosa chissà quanto elaborata. Nel fare questo album, invece, sapevo che i margini di miglioramento dovevano essere proprio sulle metriche e sulle contaminazioni musicali: ad esempio Still Life è il pezzo dal sound più internazionale e il ritornello è un po’ in stile Clash con le chitarre in levare. Allo stesso tempo Le parole più grandi, che potrebbe essere più simile al disco precedente, ha comunque un’apertura diversa sui ritornelli.
Con questa opera seconda continua la tua transizione dal rap al cantautorato: pensi sia un processo irreversibile?
Non ho mai mollato il rap a dire il vero. Appena finito il disco con Sinigallia ho fatto un singolo con Gemitaiz e MadMan (Instagrammo, ndr) che è diventato disco d’oro, e uno con Marracash e Salmo (A volte esagero, ndr) anch’esso disco d’oro. Gli addetti ai lavori mi stimano quasi tutti, non credo mi considerino uno che si è venduto, e penso di essere in una bella posizione per cui se domani volessi uscire con un pezzo rap nessuno mi direbbe che non posso. Forse oggi non riuscirei a realizzare un intero disco rap: dopo aver lavorato in studio con dei musicisti è difficile ritornare a fare qualcosa che va in una sola direzione. Il bello di Niente che non va è che sono in un parco giochi dove posso sbizzarrirmi come mi pare. Il mio obiettivo in fin dei conti è fare la canzone, non è il genere musicale.
L’8 settembre Coez sarà uno dei protagonisti della Urban Orchestra, l’evento che si terrà all’Estathé Market Sound di Milano. Un progetto unico creato appositamente dal Festival MITO SettembreMusica: Coez, Clementino, Ensi e Ghemon si alterneranno sul palco, accompagnati nelle loro esibizioni dall’Orchestra Milano Classica diretta dal maestro Michele Fedrigotti che per l’occasione ha rivisitato e orchestrato i brani dei quattro artisti. Il 13 settembre invece sarà uno dei protagonisti dell’evento romano “Buongiorno Entusiasmo”, assieme a Elio e le storie tese e Daniele Silvestri: 10 ore di intrattenimento e musica lungo il Tevere dove sarà allestita una colazione aperta a tutti per gustare Nutella e Nutella B-Ready.
Photo Credit: Mattia Zoppellaro