Per molti giovani artisti il palco di Sanremo è un trampolino di lancio, per qualcuno una ripartenza. È questo il caso di Francesco Gabbani, artista toscano classe 1982. Il cantautore e polistrumentista, infatti, ha alle spalle un percorso con la band dei Trikobalto e un disco da solista – Greitist Iz – pubblicato nel 2013. Dopo un periodo di crisi e riflessione, Francesco Gabbani ha ripreso in mano le redini della sua carriera ed è pronto a ripartire dalla sezione ‘Nuove Proposte’ di Sanremo 2016 con Amen. Il singolo, sotto un’irresistibile scorza di pop elettronico, è un invito ad abbandonare l’atteggiamento passivo di chi aspetta che le cose cambino da sole. Amen, che Francesco Gabbani ha presentato in questa intervista a PopSoap, sarà incluso in Eternamente ora, il nuovo album del cantautore in uscita il 12 febbraio per BMG.
In Amen suggerisci che i cambiamenti non piovono dall’alto ma debbano scaturire da noi. Una sorta di umanesimo in chiave gabbaniana, possiamo dire così?
Esattamente! Ed è il contrario di quello che viene detto, in tono sarcastico, nel testo della canzone. Nel sistema in cui viviamo si creano situazioni paradossali: nel brano ci sono frasi come “Gesù si è fatto agnostico / I killer si convertono”, che stanno a significare che per certi versi non si capisce più nulla. Invece di aspettare che un miracolo risolva tutto bisognerebbe rendersi conto che il cambiamento deve partire dal soggetto. Quando le cose attorno non cambiano sei tu che devi mutare il modo di rapportarti a loro.
È questa stessa riflessione che ti ha convinto a metterci di nuovo la faccia dopo un periodo in cui pensavi di non voler più cantare?
Sì, probabilmente questa canzone è la conseguenza di un percorso personale, per cui invece di piangere sul latte versato per cose che non sono andate bene, mi sono rimesso in gioco apprezzando ciò che sono indipendentemente dai risultati.
Come sei arrivato all’elettronica visto che i tuoi trascorsi sono di natura diversa?
La scelta di andare in quella direzione è dovuta un po’ alla voglia di cambiare per ritrovare la freschezza che dopo tanti anni di musica si rischia di perdere, e un po’ perché la produzione del brano e del disco è di Pat Simonini, che fa parte della crew di Michele Canova ed è un amante di quei suoni. Sono contento del risultato, perché trovo sia una ripresa in modo attuale del pop elettronico degli anni ’80.
Musicalmente non è la tipica canzone sanremese…
Il brano infatti non è nato per Sanremo, è uno di quelli scritti negli ultimi 2 anni insieme al mio compagno autorale Fabio Ilacqua. È stata una sfida presentarlo al Festival, non tanto perché sia un sound alternativo ma più che altro per il testo. Probabilmente se avessimo creato un pezzo ad hoc per Sanremo saremmo andati in una direzione più ‘ruffiana’. In questo senso invece è stata una bella sorpresa entrare nel cast dei giovani.
Su Facebook alla voce ‘genere musicale’ scrivi anche ‘gabbaniano’. Come definiresti questo termine?
Quando uno fa musica tende a catalogarsi, in realtà io ho sempre tratto ispirazione da tanti generi musicali e quindi ‘gabbaniano’ è il mix personale di tutte le influenze che fanno parte del mio background.
Con la BMG hai un contratto anche come autore: cambia il tuo approccio quando devi scrivere per altri?
No, in generale l’idea è scrivere in maniera spontanea. La fase secondaria è capire tra le cose che uno ha scritto quali possano essere indicate per un artista piuttosto che per un altro. Fortunatamente non mi fossilizzo su un tema solo a livello di contenuti, ma mi esprimo a 360°: ci sono canzoni che affrontano temi sociali, altre incentrate su rapporti affettivi ecc…
Ci saranno belle novità a questo proposito: ho il piacere di aver firmato brani per dischi di artisti importanti che usciranno nel corso di quest’anno.
Qual è il tuo rapporto con Sanremo? Lo hai sempre seguito? Se sì con che spirito?
L’ho sempre seguito, qualche volta di più qualche volta di meno. Negli ultimi anni ho prestato maggiore attenzione perché facendo anche l’autore voglio rendermi conto di quel che succede nel mondo della musica. E poi perché è una manifestazione che fa parte della cultura italiana, perciò è giusto seguirla.
Durante il Festival uscirà il tuo secondo disco, quindi non sei esattamente un esordiente: consideri questo Sanremo una ripartenza?
Sicuramente, perché se è vero che il percorso fatto fino a qui mi ha formato dal punto di vista professionale, non ho mai avuto un successo così forte a livello nazionale. Questo disco più che altro per me è una rinascita: arriva dopo un percorso di ricerca di me stesso e la cosa che mi fa piacere è che il modo di propormi è veramente genuino. Anche al Festival non mi porrò in maniera costruita, ma per quello che sono, con freschezza e spontaneità nel bene e nel male. È l’inizio di un nuovo viaggio che spero mi porti da qualche parte (ride, ndr).
2 commenti su “Francesco Gabbani: «A Sanremo per rinascere»”