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Sam Hunt: con “Montevallo” il country vola in classifica




Che Sam Hunt sia un ex giocatore di football si capisce già dal cappellino della NFL che indossa quando lo incontriamo in un lussuoso hotel del centro di Milano e dall’abbigliamento piuttosto sportivo. Che fosse di una bellezza imbarazzante lo avevamo appurato nei mesi scorsi, durante i quali il video del suo singolo Take Your Time – certificato disco d’oro – si è imposto nei canali televisivi musicali. Che Sam Hunt fosse pure un ottimo cantante lo abbiamo scoperto ascoltando l’album di debutto Montevallopubblicato in Italia l’11 marzo da Universal e che il cantautore 31enne nato a Cedartown, Georgia ma trapiantato a Nashville ci ha presentato pochi giorni fa in questa intervista.

Sam Hunt Montevallo
Sam Hunt, cover dell’album “Montevallo”

Hai iniziato come autore per altri artisti (tra cui Keith Urban e Billy Currington), che cosa ti ha convinto a metterci la faccia?
Volevo raccontare la mia storia attraverso la musica e scrivere da un punto di vista più personale, ma sono stato invogliato anche dall’opportunità di viaggiare e di pubblicare tante canzoni, perché è difficile mantenersi con brani registrati da un artista importante: il fatto che un cantante interpreti un tuo pezzo non ti garantisce che in futuro sarà sempre così, quindi dà più sicurezza l’affermarsi come cantautore e poter pubblicare più canzoni. E poi ho sempre voluto fare un disco tutto mio.

Con quali modelli musicali sei cresciuto?
Sicuramente la musica country è stata la mia ispirazione per imparare a suonare e scrivere. Non sono cresciuto in una famiglia di musicisti, quindi non ci sono stati dischi o artisti in particolare che ho scoperto grazie ai miei genitori, però quando eravamo in macchina la radio era sempre accesa. Con l’avvento di Internet ho iniziato a cercare artisti e canzoni per imparare a suonarle con la chitarra, per lo più musicisti country di fine anni ’90 come Alan Jackson, Randy Travis, Kenny Chesney. Questo prima che iniziassi a sentire anche altri generi come l’R&B e artisti tipo Usher, R Kelly, Boyz II Men.

In un paio di canzoni del tuo disco ci sono dei versi in cui il tuo modo di cantare si avvicina al parlato: è una tecnica che deriva proprio da questi ascolti di matrice urban?
Probabilmente sì. Penso che essere cresciuto ascoltando generi differenti mi abbia portato a mixarli nella mia testa, e Take Your Time ne è un esempio.

Hai diviso il palco con Taylor Swift: anche tu come lei potresti un giorno staccarti definitivamente dal mondo country per abbracciare quello pop?
Non credo di poter mai abbandonare il country perché è troppo radicato nel mio modo di scrivere ed è parte della mia identità, a dispetto di come le mie canzoni possano suonare. Mi piacerebbe sperimentare con nuovi suoni, ma nel mio cuore – non importa cosa canterò – farò sempre musica country, perché è ciò che sono.

A proposito di Montevallo (nome della cittadina-rifugio in Alabama dove abitava una sua ex fidanzata, ndr) hai dichiarato di aver scritto storie della tua vita di tutti i giorni. Ora che stai vivendo una vita non così comune, come ti approccerai alla scrittura di nuove canzoni?
Questa è una bella domanda perché sto cercando di capirlo anche io (ride, ndr). Ho scritto il primo disco basandomi su esperienze che ho vissuto tra i 21 e i 25 anni, ora la mia vita è fatta per lo più di furgoni, bus, palchi, stanze d’hotel: sto facendo nuove esperienze di vita che non necessariamente posso portare nelle mie canzoni, per cui dovrò pensare ad avvenimenti ancora più vecchi e a cose che non mi hanno ispirato musicalmente in passato.

 

Emanuele Corbo




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