Marianne Mirage nuovo album

Marianne Mirage: «Quelli come me lottano»




Il 25 marzo è stato pubblicato Quelli come me (Sugar Music), il disco d’esordio di Marianne Mirage, all’anagrafe Giovanna Gardelli. Prodotto da Max Elli e Jack Jaselli, l’album è una finestra aperta sul mondo della cantautrice cesenate; un mondo in cui abitano letteratura, fotografia, musica e recitazione, senza dimenticare l’arte e i viaggi, soprattutto in barca. Approdata – è il caso di dire – sul mercato discografico nel 2014 con il brano Come quando fuori piove, nei due anni successivi la nuova scommessa di Caterina Caselli ha compiuto un lungo lavoro di ricerca musicale che l’ha portata a trovare nello urban-soul il proprio sound. Artista del mese per MTV New Generation con il singolo Game Over, Marianne Mirage ha presentato Quelli come me a PopSoap al Crank di Milano, poco prima dello showcase di lancio del disco.

Marianne Mirage album
Marianne Mirage, cover dell’album “Quelli come me”

Chi sono quelli come te?
È un disco che parla a tutti quelli che non si ritrovano negli schemi italiani perché sono più di carattere europeo e quindi hanno bisogno di nuovi stimoli. Io lo faccio mantenendo comunque l’italiano: non bisogna cambiare la propria lingua per adottare una mentalità diversa.

Visto che la lotta è uno dei concetti ricorrenti del disco è un caso che l’album si apra con Game Over, in cui canti la fine di una situazione e il rialzarsi per combattere?
No non è un caso, quel brano è una dichiarazione di intenti: io vorrei che spronasse, come tutto il disco, a non accontentarsi e a fare del proprio meglio ogni giorno di più. In Deve venire il meglio dico che siamo noi a creare il destino e in Quelli come te canto: “Quelli come te sperano, quelli come me amano”. La speranza non è l’ultima a morire, ma la prima che ti fa morire. Bisogna svegliarsi ed essere in prima linea per combattere, non aspettare che le cose cambino da sole.

Qual è stata la tua battaglia personale e come l’hai vinta?
Mi sono trovata a lottare sin da piccola: alle elementari avevo un grandissimo problema di dislessia e questo mi portava a essere giudicata dai compagni, a essere considerata la pecora nera della classe e a volte anche derisa. Già da lì ho cominciato a sentirmi diversa e quella diversità che costruivo dentro di me è diventata produttiva perché ho iniziato a scrivere. Per me la musica è stata un’ancora a cui aggrapparmi laddove non mi sentivo adeguata.

Come sei arrivata a trovare la tua cifra stilistica nello urban-soul?
Ci è voluto tempo, non è stato semplice ma mi sono lasciata guidare dalla mia voce morbida e bassa. I brani sono stati scritti chitarra e voce, e quando è stato il momento di arrangiarli non ho voluto togliere la chitarra, anzi ho fatto sì che fosse il perno di tutto quanto. Poi mi sono resa conto che l’andamento dello strumento era molto soul, per cui è stata la natura della mia voce a chiamare lo stile.

Nel lavoro di produzione sono stati fondamentali Max Elli e Jack Jaselli.
Loro sono riusciti a mantenere la mia natura dal chitarra e voce. Hanno fatto un lavoro molto onesto.

PopSoap ti segue dal tuo primo singolo Come quando fuori piove, che era stato prodotto da Fausto Cogliati. Il suo lavoro era circoscritto a quella canzone o la collaborazione si è interrotta per altri motivi?
Abbiamo lavorato insieme al primo singolo però la mia natura è live, per cui avevo bisogno di un produttore che mi desse un mondo molto più caldo e raccolto. Cogliati è padrone dell’elettronica, ma nella dimensione live quel mondo non rende, io invece volevo semplificare tutto al massimo.

Per questo non c’è Come quando fuori piove nel disco?
Esatto, non era coerente con il resto. Però gli voglio bene, è mio figlio (ride, ndr).

L’arte e i viaggi hanno sempre fatto parte della tua vita. In particolare quanto il viaggio ti ha formata come persona e come artista?
Grazie a mio padre che è pittore e marinaio ho sempre avuto la possibilità di viaggiare tanto, e con me portavo una certa solitudine perché vivere in barca è anche pesante, non ti fermi mai e alla fine le uniche cose con cui comunichi sono il cielo e l’acqua. Allo stesso tempo, però, quando ti fermi in qualche città ne cogli tutti i sapori e da lì ho imparato a contare solo su me stessa. Mio padre mi ha sempre ripetuto: “Conosci te stesso”, che è una frase scritta sul tempio di Apollo a Delfi ed è fondamentale perché se viaggi con questo spirito ogni viaggio ti riempirà il cuore. Quando conosci te stesso sai dove devi andare per ritrovare quello che ti serve.

Il tuo percorso di scrittura era iniziato in inglese: come sei arrivata a comporre un disco quasi tutto in italiano? Quali sono state le maggiori difficoltà che hai incontrato?
L’inglese all’inizio suona meglio, quasi tutti i brani del disco infatti nascono in inglese. Ogni frase è stata cercata facendo molta attenzione alla metrica e alle sillabe perché anche in italiano mantenesse lo stesso suono e significato. La cosa più difficile però è stata cantare con la stessa credibilità: nell’inglese sei molto più protetto, è come se non sentissi di essere veramente te stesso e dici cose che nella tua lingua non diresti. Quando riesci a fare questo passo, che io spero si senta nel disco, allora ti senti un po’ più tranquillo.

In queste settimane sei ospite fissa al Grand Hotel Chiambretti su Canale5. Che tipo di esperienza è visto il bizzarro contesto in cui la tua partecipazione è inserita?
Il contesto è freak e quindi mi sento meglio, se fosse stato istituzionale magari non avrei avuto ancora la capacità di affrontarlo. Trovo che Chiambretti abbia molto rispetto per la mia musica e per come la faccio, il mio chitarra e voce a lui è sembrata una cosa da far sentire alla gente. Sono abbastanza decontestualizzata rispetto alla ‘freakkeria’ che c’è lì dentro e questo credo che possa solo aiutarmi.

A febbraio ti sei calata nelle vesti di attrice in Tadà su Deejay TV. Visti tutti i tuoi interessi extramusicali, al momento riesci a focalizzarti solo sulla musica?
Sì io vorrei, e nel video di Game Over abbiamo cercato di raccontare anche l’altro lato di me, quello divertente e allo stesso tempo tragico: vorrei che tutto confluisse nella musica.

 

Immagine di copertina: Luca Favella

Emanuele Corbo




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