Marco Sbarbati: «Io, artista di strada approdato sul palco di Elisa»

Marco Sbarbati EP

Marco Sbarbati. Segnatevi questo nome perché nel giro di qualche mese potreste sentir parlare sempre più insistentemente del ventottenne cantautore marchigiano, ultima scommessa di Caterina Caselli. Artista di strada dal 2008, busker come si dice in gergo, tre anni più tardi viene notato da Lucio Dalla in Piazza Maggiore a Bologna. Egli, rapito dalla sua esibizione, decide di collaborare con il giovane e inserisce nella colonna sonora del film AmeriQua, composta da lui stesso, un brano di Sbarbati (I Don’t Wanna Start). Nel 2012, attraverso il canale YouTube, Marco riesce a far ascoltare le sue canzoni alla Caselli partecipando a un ‘Hangout in diretta’ (video chat) su Google+. Messo sotto contratto dalla Sugar, inizia a lavorare con Corrado Rustici all’EP d’esordio intitolato semplicemente Marco Sbarbati, pubblicato lo scorso 29 aprile e anticipato dai singoli Backwards e Se. Domani un altro importante traguardo: sarà lui ad aprire il concerto di Elisa a Campione d’Italia (CO). PopSoap lo ha intervistato alla vigilia di questa grande occasione.

Com’è arrivata l’opportunità di aprire il concerto di Elisa?
Grazie a Caterina (Caselli, ndr). Lei sa che seguo Elisa da molto tempo, perciò ci ha messi in contatto. L’idea di potermi esibire davanti al pubblico di un’artista così importante mi rende davvero felice. Per me è un onore!

Ho visto su YouTube che due anni fa avevi fatto proprio una sua cover…
Si, in quel video suono e canto The Waves, una delle canzoni di Elisa che preferisco. È un brano che evoca nella mia mente immagini a me molto care.

Parlaci del nuovo singolo, Se.
Se è un viaggio mentale, un punto di domanda, una possibilità. Ho scritto questo brano dopo aver visto una persona in un bar nel quale stavo suonando. L’ho guardata negli occhi e in pochi istanti la mia mente ha messo in piedi un intero film, di cui noi due eravamo i protagonisti. Quante volte ci chiediamo: “Ma se…?”.

Recentemente hai preso parte al Coca-Cola Summer Festival, in onda in queste settimane su Canale 5: che effetto ti ha fatto portare la tua musica davanti a un pubblico così numeroso?
Ho un ricordo breve ma intenso di quell’esperienza. Mi succede sempre così quando ho un concerto importante: inizio ad agitarmi soltanto pochi minuti prima di salire sul palco, poi a esibizione finita mi sembra che il tempo sia volato. C’era moltissima gente sotto il palco, non ho mai avuto un pubblico così numeroso. Non lo scorderò mai!

Pensi sia finalmente arrivato il tuo momento dopo tanta gavetta?
Due anni fa pensavo che sarebbe arrivato il mio momento, poi però non è successo niente. Dopo quel periodo ho smesso di desiderare il punto di arrivo, e ho iniziato a godermi il viaggio. Il ‘momento’ per me significa esser felice facendo quello che mi piace, e per ora ci sto riuscendo. Poi piano piano arrivano anche le soddisfazioni.

Hai sempre scritto in inglese, finché Lucio Dalla ti ha spinto a provare con l’italiano. Quali nuovi scenari ti si sono aperti a quel punto?
Domanda da un milione di dollari… Ho iniziato a scrivere in inglese per una questione di suono e melodie, ma anche per motivi di timidezza. Esporsi di fronte a un pubblico è molto difficile, e cantare in un’altra lingua mi ha sempre fatto sentire protetto. Diversi fattori mi hanno convinto a tentare con l’italiano, è una grande sfida che spero di vincere. Sicuramente scrivere nella mia lingua mi ha avvicinato alla musica italiana e a tanti artisti che prima non conoscevo.

Com’è stato lavorare con Corrado Rustici? Che cosa ha aggiunto alla tua musica?
Corrado ha ‘arredato’ le mie canzoni aggiungendo quel tocco in più che solo un produttore artistico come lui sa dare. Ha tirato fuori la mia anima rock, è stato davvero interessante lavorare con lui.

Caterina Caselli ha tenuto a battesimo artisti come Andrea Bocelli, Elisa, Negramaro, Malika Ayane. È maggiore la responsabilità che senti o l’onore di essere in questa cerchia?
È al tempo stesso una grande responsabilità e un grande onore, nonché un bel biglietto da visita per presentarmi al pubblico. Conoscevo Sugar da molto tempo, volevo farne parte e ci sono riuscito. A volte ripenso al provino che ho fatto nell’ufficio di Caterina Caselli e mi sento fortunato per la possibilità che mi è stata data.

Nel brano Nella mia testa canti: «Mi dicono “Non parli mai di te”». Davvero sei una persona introversa?
Sono molto introverso, mi serve del tempo per aprirmi soprattutto se sono insieme a tante persone. A volte ho bisogno che siano gli altri a sciogliere un po’ il ghiaccio, ma una volta superato il primo ostacolo mi lascio andare.

Sempre in quel brano dici: “Costruisco i miei sogni di notte”. Componi al calar del sole?
Scrivo soprattutto di sera, nella mia stanza. Mi piace creare l’atmosfera giusta con delle luci calde, e aspettare che arrivi una melodia o anche solo una nota. Non sempre però succede così. La melodia del ritornello di Nella mia testa, ad esempio, l’ho creata in un cinema vuoto a Milano. Dovevo esibirmi all’anteprima di un film ed ero solo in sala per provare l’amplificatore. Davanti a me vedevo centinaia di poltrone vuote e sopra la mia testa avevo un lampadario enorme molto luminoso. Ho iniziato a suonare la chitarra a caso e piano piano mi sono ritrovato a canticchiare la melodia della canzone.

Che cosa ti affascina tanto della vita da busker?
Il poter portare la mia musica fra la gente, senza nessun tipo di mediazione. La strada è il palco più duro, per questo motivo stimo moltissimo il mestiere dell’artista di strada.

Lasceresti mai le piazze per un tour nei palazzetti?
Farei entrambe le cose. La piazza però, soprattutto Piazza Maggiore a Bologna, rimarrà sempre un luogo speciale per me.

 

Emanuele Corbo




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