Madonna Ray Of Light singolo

Madonna: il singolo “Ray Of Light” compie 18 anni




Tratto dall’omonimo album che avrebbe rivoluzionato dalle fondamenta (e per sempre) generi e tendenze musicali in campo mainstream, Ray Of Light rientra indiscutibilmente nel novero delle canzoni più iconiche che Madonna abbia mai pubblicato, dimostrando in poco meno di 6 minuti come l’elettronica underground di fine anni ’90, le pulsanti sonorità della techno e la psichedelìa del rock anni ’60 possano collidere e mischiarsi servendo un superbo esempio di prelibatezza sonica.

Originariamente scritto dal nostro collaboratore per il portale DrownedMadonna, in occasione del diciottesimo anniversario del singolo, uscito nell’ormai lontano 6 maggio del ’98, ecco il dettagliato resoconto, in italiano, delle dinamiche che hanno portato alla nascita di questo capolavoro pop.

Come in molti già sapranno, Ray Of Light è uno dei pochissimi pezzi non concepiti dalla mano e dalla mente di Madonna fin dal principio, ma l’input dimostrato dall’artista nel rielaborare e finalizzare il provino che le era stato offerto nel corso delle sessioni dedicate all’LP si è rivelato altrettanto cospicuo e degno di nota. Per comprendere al meglio la genesi del brano dagli albori alla pubblicazione nel disco, bisogna tornare indietro nel tempo, fermandoci al 1996, anno in cui il DJ/produttore inglese William Orbit e il suo collaboratore Mat Ducasse plasmano nei Guerilla Studios di Londra, in Crouch End, una traccia prevalentemente strumentale intitolata Ambition, sotto lo pseudonimo Invisible. Pur non avendo mai trovato posto in alcun album/compilation, Ambition riceve il primo spin mondiale soltanto a febbraio del 2000, durante un Essential Mix di Orbit trasmesso da BBC Radio 1, e carpisce subito l’udito dei fan di Madonna più attenti per via di un dettaglio palese: questa strumentale inedita, che campiona il riff di chitarra da Straight Shooter di The Mamas & The Papas (1966), include difatti buona parte degli elementi musicali utilizzati da Orbit per la produzione di Ray Of Light, scritta a distanza di poco tempo da Ambition e registrata sotto forma di demo dalla cantautrice Christine Ann Leach, all’epoca legata alla Guerilla Records e attualmente membro della band ALF.

Stando a un avvincente reportage edito su Q Magazine nel 2002, a cura del giornalista Johnny Black, nonché grazie a una discreta quantità di fonti attendibili e informazioni divulgate di recente da William in persona, possiamo affermare con certezza piena che tutto ha inizio in una fatidica sera del ’96, quando la coppia Orbit/Leach si incontra in studio, in Crouch End, e il produttore sottopone all’attenzione di Christine un po’ del materiale che sta elaborando in quei giorni. L’autrice sceglie una base musicale ben precisa e comincia a cantarci sopra parte del testo di Sepheryn (un numero country del 1971 pubblicato da suo zio Clive Maldoon e dal collega Dave Curtiss), variando la melodia originale del ritornello, adeguando quei versi a note molto più alte e abbellendo il risultato con estensioni e vocalizzi acrobatici sparsi qua e là. La notte in questione era quella in cui venne alla luce Zephyr In The Sky, la prima versione di Ray Of Light.

Nella sua incarnazione germinale e con il suo titolo provvisorio, Zephyr In The Sky viene testata e interpretata dal vivo da Christine durante alcuni DJ set tenuti da Orbit presso la Brixton Academy, al club Astoria e al Phoenix Festival nello stesso periodo, ma di lì a poco la canzone si ritrova a giacere negli archivi, in attesa di una chance migliore per poter splendere, finché Guy Oseary, socio della Maverick, non contatta il produttore britannico nel marzo del 1997, proponendogli un inaspettato quanto spiazzante sodalizio con una certa signora Ciccone.

Accettato l’invito, William spedisce alla superstar un DAT dimostrativo contenente 13 tracce (si trattava in buona sostanza di brani strumentali e loops da revisionare) e Zephyr In The Sky compare appunto tra queste: i semi erano già in via di sviluppo, bisognava solo elevare il tutto a un livello superiore, come accadde nel momento in cui i due cominciarono a lavorare in studio nei caldi mesi successivi.

La demo cantata da Christine Leach che Madonna ascolta, inciso e ad libs a parte, consiste essenzialmente nella prima strofa da Sepheryn ripetuta tre volte; la qual cosa spinge la Ciccone a prendere in mano la penna e a scriverne una seconda, nuova di zecca, seguendo le medesime note (´Faster than the speeding light she’s flying / Trying to remember where it all began / Shes got herself a little piece of Heaven / Waiting for the time when Earth shall be as one´) e ottenendo un più che meritato riconoscimento nei crediti ufficiali della traccia. L’intero arrangiamento vocale viene inoltre rivisitato e personalizzato dalla diva, con l’attento supporto di Orbit, allo scopo di valorizzare le proprie doti canore e lambire acuti mai sfiorati prima.

Con una produzione decisamente più club friendly e un’atmosfera sognante percepibile appieno nel mix finale, la canzone (ribattezzata Ray Of Light) trovò pertanto una collocazione definitiva, e quella che in origine sembrava una bozza perfettibile divenne l’emblema più innovativo dell’euforìa dance/pop di fine anni ’90, potenziata da un supersonico vortice di sintetizzatori e tastiere lungo più di 10 minuti nella versione non editata del brano, presentata da Madonna un’unica volta on stage, a febbraio del ’98, per chiudere il concerto segreto tenuto al Roxy di New York, in occasione dell’evento Ice Ball, e poi ridotta (a malincuore) a 5 minuti e 21 secondi per agevolare l’inclusione nell’album.

Tutto il resto è storia che ben conosciamo.

 

Francesco Cappellano




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